Guelfi Firenze 66
Guelfi Firenze 66

Sempre lì ad aspettare un pallone, che finalmente è arrivato fra le mani di Guglielmo Perasole. Il defensive back dei Guelfi Firenze ha fatto registrare il suo primo intercetto stagionale nella trasferta dello scorso sabato sul campo della “Lunetta Gamberini” contro i Warriors Bologna. Nonostante il risultato fosse già indirizzato in favore dei toscani non sono mancate le celebrazioni per il gesto del numero 43 con il giglio sul petto, più lesto di tutti in quel frangente a leggere le intenzioni del quarterback avversario, Simone Slusarz. Per questo motivo e non solo abbiamo deciso di sentire il difensore dei Guelfi Firenze, già in campo prima dell’allenamento della squadra senior di martedì visto che stiamo parlando di un atleta che ha deciso di dedicarsi al football americano a tuttotondo, allenando anche le giovanili dei viola. Prima di procedere con lo scambio di battute ricordiamo che i fiorentini occupano il secondo posto assoluto nella classifica degli intercetti, dietro solo ai Dolphins Ancona (primi con tre lunghezze di distacco nell’apposita graduatoria).

Un pallone recuperato sabato su passaggio del quarterback felsineo, finalmente è arrivata anche questa gioia personale.
“Sono molto contento di aver finalmente messo a segno un intercetto. Penso che fosse la partita giusta per sbloccarmi visto che mi era stato chiesto di ricoprire il posto lasciato vacante da Kyle Griffin e quindi sono sceso in campo da free safety, una posizione che mi ha dato più chance di fare una giocata personale. Voglio dire che Arturo Morara (ex di turno, ndr) è stato molto bravo sul mio intercetto, è stato il nostro cornerback a dirmi che i Warriors Bologna avrebbero giocato un passaggio nella mia zona in quella determinata azione e questo mi ha dato modo di prepararmi meglio e reagire con prontezza a ciò che puntualmente si è verificato”.

Quanto sono “gasati” i defensive backs viola a sapere che sono secondi nella classifica intercetti di Prima Divisione?
“Penso che sia una testimonianza del lavoro che abbiamo svolto da ottobre sino ad oggi. Siamo sicuramente uno dei gruppi più presenti alle sessioni di allenamento e quindi è la dimostrazione tangibile che il lavoro paga”.

Lei è un giocatore dei Guelfi Firenze, ma anche un coach delle giovanili. Come è arrivato a questa scelta?
“E’ accaduto quasi per caso e per gioco. Ho deciso di cimentarmi con l’avventura da coach iniziando con un gruppetto veramente risicato di ragazzi. Con il passare del tempo il numero è cresciuto e l’anno scorso siamo riusciti a partecipare al campionato nazionale di categoria Under 13, portando anche a casa la vittoria finale”.

Siete in una fase di reclutamento con l’U13 e l’U16: si può dire qualcosa ai genitori che magari potrebbero essere un po’ restii a mandare i loro figli a giocare a football americano visto che molti lo considerano uno sport troppo violento e pericoloso?
“Voglio dire due cose: la prima è che non stiamo parlando di uno sport violento e la seconda è che gli infortuni ci sono, fanno parte di ogni attività fisica come anche il calcio, il basket o la pallavolo. Inoltre aggiungo che il football americano sviluppa tutta una serie di caratteristiche personali e di lavoro di squadra che in molti altri sport non vengono più curate. Nel calcio, tanto per fare un esempio, l’ambiente delle giovanili è già molto tossico, mentre qui alberga uno spirito di sportività estrema e vogliamo tramandarlo alle nuove generazioni”.

Cosa vuol dire essere ai play-off?
“E’ la dimostrazione che i Guelfi Firenze ci sono e sono una squadra vera anche in ottica Italian Football League. Non siamo delle cenerentole e vogliamo partecipare ad ogni campionato per provare a vincerlo, ovviamente rispettando tutti gli avversari e senza offendere squadre molto più blasonate e pronte di noi. Ci siamo preparati duramente e stiamo raccogliendo i frutti del nostro sudore e della nostra fatica”.

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