È morto poco dopo le 19 di mercoledì 7 agosto, l’ex ultrà della Lazio Fabrizio Piscitelli, meglio noto come Diabolik, centrato da un colpo di pistola alla testa nel parco degli Acquedotti in via Lemonia, nel quartiere Appio Claudio. Aveva 53 anni.

Un agguato in piena regola: era seduto su di una panchina quando è stato colpito a freddo, di spalle, con uno sparo in testa all’altezza dell’orecchio che gli è stato fatale. Il killer che gli ha sparato era a piedi ed era vestito da runner per confondersi tra i tanti che fanno jogging nel parco.
Gli inquirenti sono al lavoro per individuare l’autore o gli autori dell’agguato, e per scoprire il movente dell’omicidio. Ad indagare saranno anche i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia: Piscitelli aveva avuto in passato problemi giudiziari legati alla droga ed era rimasto invischiato anche nella vicenda di Mafia Capitale.

I molteplici interessi di Diabolik
Dalla “conquista” della Curva Nord al tentativo di scalata della Lazio, dall’arresto per traffico di droga al sequestro di due milioni di euro da parte della Guardia di Finanza. E poi iniziative ispirate all’antisemitismo e agli ambienti dell’estrema destra che frequentava.

La carriera criminale di Fabrizio Piscitelli, conosciuto con il soprannome di Diabolik, prende il via oltre 20 anni fa prima ancora della sua affermazione, nei primi anni Duemila, a guida degli Irriducibili, il gruppo ultras più oltranzista della Curva Nord della Lazio.

Nel 2013 venne arrestato dopo un mese di ricerche in un appartamento alla periferia di Roma, dove si nascondeva dalla Guardia di Finanza. L’accusa nei suoi confronti era quella di essere a capo di un gruppo criminale che gestiva un traffico di droga internazionale lungo l’asse Italia-Spagna. Nel covo venne trovato anche un arsenale che avrebbe potuto essere utilizzato per gli scontri allo stadio.

Due anni dopo, nel 2015, fu condannato, insieme ad altri tre capi ultrà della Curva Nord, per il tentativo di scalata alla Lazio. Un’inchiesta che coinvolse anche l’ex leggenda biancoceleste, Giorgio Chinaglia.
Nel 2016 le Fiamme Gialle gli sequestrarono beni per due milioni di euro, compresa la sua villa a Grottaferrata. Un immobile che poi fu soggetto a revoca della confisca da parte della Cassazione.

La “batteria” di Ponte Milvio
Il nome di Diabolik è legato anche alla vicenda di Mafia Capitale. Dalla famosa ordinanza di 1228 pagine che ha scoperchiato la cupola affaristica sorta a Roma Nord nel primo decennio del 2000 con interessi diffusi in tutta la capitale emerse infatti un quadro dirompente della situazione di Ponte Milvio. Decine i riferimenti alla zona nelle intercettazioni telefoniche trascritte nell’ordinanza che che fornirono una lucida fotografia degli equilibri criminali gravitanti sulla piazza e nei dintorni, ovunque il business della movida poteva far nascere nuovi sorgenti d’arricchimento.

In tal senso, tra le acquisizioni più rilevanti apparve l’intercettazione avvenuta a dicembre 2012 tra due soggetti, Marco Vecchioni e Roberto Macori, “ben a conoscenza delle dinamiche che animavano le attività criminali su Ponte Milvio” nella quale si faceva esplicito riferimento all’operatività a Ponte Milvio di una “batteria” di albanesi.

In una ulteriore conversazione fra altri due soggetti e lo stesso Vecchioni, venivano poi chiarite le relazioni, i rapporti di potere e le diverse sfere d’influenza. In particolare, nella conversazione veniva descritta l’ascesa di Fabrizio Piscitelli.
“Diabolik sta sempre con… sono tutti, non lo so come ha fatto? In questi quattro anni ha fatto una scalata che non vi rendete conto” dicono i tre sottolineando che Piscitelli era riuscito grazie i suoi legami con “i napoletani”a diventare capo della “batteria” di cui facevano parte “gli albanesi”. Una “batteria” descritta come particolarmente pericolosa.
“I Napoletani e gli Albanesi è una cosa… Questa è gente di merda. Questa è gente cattiva…“

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