“Ora si faccia anche lo stadio della Lazio“. E’ il messaggio che il club biancoceleste ha mandato al sindaco di Roma, Virginia Raggi, e alla sua Giunta dopo il via libera alla costruzione del nuovo stadio della Roma a Tor di Valle. In un comunicato, la Lazio “prende atto con piacere che sono state superate tutte le remore legate ai vincoli delle sovrintendenze e ai vincoli idrogeologici per la realizzazione dello stadio della Roma. La S.S. Lazio e i suoi innumerevoli tifosi sono fiduciosi e certi che l’intera amministrazione comunale di Roma non creerà discriminazioni tra i cittadini romani in base alla fede calcistica e che il sindaco di Roma Virginia Raggi e la sua giunta sicuramente consentiranno di costruire anche per gli appassionati sostenitori dei colori biancocelesti, il proprio stadio, secondo i propri criteri di localizzazione, di efficienza e di qualità dell’impianto, senza ricorrere allo stratagemma dello stadio Flaminio che non ha alcun requisito e condizione oggettiva per essere lo stadio della Lazio”.

Mette le mani avanti il club biancoceleste dicendo senza mezzi termini che sta pensando ad uno stadio nuovo di zecca, come quello della Roma, e non ad uno stadio restaurato per quanto bello ed importante possa essere il Flaminio. E lo ribadisce dicendo che “Solo tale iniziativa, la creazione dello stadio della prima squadra della Capitale, la Lazio, assevererà la volontà da parte delle istituzioni capitoline di intraprendere un percorso di innovazione in linea con i tempi, che proietti finalmente la nostra città, anche nel settore delle infrastrutture calcistiche, nella dimensione internazionale, cosi come sottolineato e richiesto dal presidente Uefa, non più tardi di pochi giorni fa”, conclude il club biancoceleste.

Al comunicato della Lazio, Paolo Ferrara, capogruppo M5S in Campidoglio, ieri così ha laconicamente risposto: “Se ci presentano un progetto serio ne discuteremo”. Già ma quale progetto, quello del 2014?

Il progetto dello stadio a Prima Porta

A ottobre 2014 fece notizia il progetto presentato da Claudio Lotito, la fece per tutti i tifosi biancocelesti ma soprattutto per quelli residenti a Roma Nord perchè il luogo prescelto per edificare lo stadio era una distesa di cento ettari di campi coltivati a Prima Porta, all’altezza dei resti della villa di Livia, in una grande ansa del Tevere tra la Tiberina e, dall’altra parte della riva del Tevere, la Salaria. Un progetto però che fece storcere il naso all’allora giunta capitolina guidata da Ignazio Marino per l’esistenza di alcuni vincoli, primo tra tutti l’edificabilità. Il progetto, a firma Ama Group, prevedeva due milioni di metri cubi senza barriere, dove gli spalti dovevano essere vicinissimi al campo, in puro stile “Premier League”.

L’impianto non più alto di quarantacinque metri, era su due livelli con trentamila posti sul primo anello e venticinquemila sul secondo. Poliestere il materiale scelto per la copertura e led luminosi per illuminare giorno e notte la scritta con il logo della Lazio. I tempi per realizzarlo sarebbero gli stessi dei cugini giallorossi, tre anni. Poco più di mille giorni per far nascere una vera e propria cittadina sportiva, collegata dalla ferrovia che parte da piazzale Flaminio e arriva proprio a Prima Porta.

E’ ovvio che a chi conosce la zona un progetto così, che non parla di infrastrutture e soprattutto di viabilità là dove la Tiberina avrebbe bisogno come minimo di essere raddoppiata, pare irrealizzabile. Certo è che se in un ipotetico domani – magari in virtù del fatto che il sindaco Raggi professa la fede laziale – il progetto venisse subito approvato, sarebbe una bella gara fra laziali e romanisti a chi arriva prima: tre anni a disposizione dei due club per tirar su il loro stadio.
E alla fine dei tre anni a guadagnarne alla grande sarebbero Foro Italico, Ponte Milvio e tutte le zone adiacenti che tornerebbero a vivere e a respirare. Un bel sogno. (fonte VignaClaraBlog)

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