Un momento del convegno
Stile di vita morigerato e meno rumori per prevenire il defici uditivo

“I dati sull’ipoacusia, presentati oggi, evidenziano come, da un lato, ricerca e progresso abbiano compiuto passi da gigante nella prevenzione e nella cura dei disturbi dell’udito e, dall’altro, come gli italiani siano ancora poco sensibili a tali problematiche” con questo messaggio di Carlo Martinelli, general manager di Widex Italia, si è aperto questa mattina, presso lo Sheraton Parco de’ Medici di Roma, il “Widex UNIQUE Open Day”, un convegno che ha coinvolto oltre 200 professionisti da tutta Italia per fare il punto sulla diffusione e sulle terapie contro l’indebolimento dell’apparato uditivo.

Secondo l’osservatorio di Widex, multinazionale degli apparecchi acustici attiva in 100 paesi e organizzatrice del convegno, gli italiani con problemi uditivi di varia entità sono quasi il 12% della popolazione ma “ad allarmare gli operatori del settore – prosegue Martinelli – non è il dato in valore assoluto ma la percentuale di giovani che sfiora il 5%. La scarsa attenzione data all’ipoacusia si può misurare con i tempi di reazione dal momento in cui si manifestano i primi sintomi: per accettarla occorrono a un individuo mediamente tre anni mentre si arriva a sette per l’applicazione del primo apparecchio. E non è tutto, secondo i dati dello studio Anovum Euro Trak 2015, che ha analizzato il rapporto dei nostri connazionali con i disturbi dell’udito, il 54% degli intervistati ammette di non aver mai fatto il test audiometrico”.

“Ridurre l’incidenza della sordità è possibile, adottando uno stile di vita sano – sottolinea il professor Aldo Messina, direttore del Dipartimento di Audiologia del Policlinico di Palermo- L’esposizione prolungata al rumore, l’uso di dispositivi con cuffie o auricolari, il fumo, l’alcol e l’inquinamento atmosferico sono tutte concause della sordità così come lo sono i livelli eccessivi di colesterolo e trigliceridi o il diabete”. Ciò nonostante, gli italiani continuano a considerare la sordità e l’ipoacusia “patologie di serie B” e ad allontanarli dai controlli all’udito e dall’eventuale applicazione degli apparecchi sono soprattutto resistenze psicologico-culturali (la paura di essere criticati, il rifiuto del problema per la vergogna, la difficoltà nell’accettare il naturale processo dell’invecchiamento). Tuttavia gli studiosi sono concordi nell’affermare che sentire bene previene l’insorgere di patologie del sistema nervoso, che possono diventare anche gravi negli anziani.

“Le campagne di sensibilizzazione rivolte ai pazienti e gli ingenti investimenti nello sviluppo e nel design dei nuovi apparecchi possono aprire la strada alla diffusione di questi strumenti – aggiunge Fulvio Verdecchia, trainer manager di Widex Italia – I dispositivi oggi in commercio sono dei veri e propri computer in miniatura con soluzioni hardware leggere, pratiche e al tempo stesso fedelissime nella riproduzione del suono. In altre parole, i nuovi apparecchi sono in grado di riconoscere l’ambiente in cui si trova il paziente e di distinguere il parlato dai rumori di fondo”.

L’innovazione tecnologica è da sempre il tratto distintivo di Widex che già nel 1988 ha messo in commercio il primo apparecchio acustico digitale, programmabile con un telecomando, nel 1996 ha creato il primo endoauricolare digitale e nel 2001 ha presentato il primo CIC (apparecchio acustico pretimpanico) totalmente wireless. “Il nostro obiettivo – conclude Lise Bryan Henningsen, Director of Audiology and Professional Programs di Widex – è arrivare a un apparecchio che riproduca il suono nel modo più chiaro, naturale e limpido possibile, e che possa essere comodamente indossato per tutta la giornata, senza sentirlo addosso”.

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