Mario Brozzi
Mario Brozzi

L’ex medico della Roma dell’era Capello, Mario Brozzi, è stato intervenuto ai microfoni di Rete Sport per parlare della situazione infortunati della squadra giallorossa. Perché così tanti infortuni? «Dipende dalla scuola all’educazione allo sport: più le macchine si fanno potenti, più la forma dell’incidente prende un aspetto cospicuo. Nel mondo del calcio non esistono, o vengono rimossi, dei controlli specifici e tecnologici che avvisano prima di un problema dell’atleta e fin troppo spesso si sente dire: “È entrato in campo che non stava bene”. Questo succede ogni domenica. Finché non costruiremo questa sorta di prevenzione si continuerà così. Ai miei tempi c’era. Il secondo anno di Capello avevo molta pressione sul mio staff, al quale devo tantissimo, e grazie ai suoi consigli e pressioni ho creato Roma Lab. In base ai risultati che io gli davo secondo quelli che erano i problemi fisici e mentali dei calciatori, Capello dava degli allenamenti diversi da fare. Questo per dire che se fra l’allenatore ed il medico non c’è fiducia reciproca, allora ci potrebbero essere dei problemi, così come se fra moglie e marito ci sono dei problemi, i figli crescono male». Quindi è un problema di mancata comunicazione… ma nell’NBA come fanno? «È fuori dubbio che nel calcio ci sia più pressione, anche della stampa, sui giocatori, rispetto al basket. Tutto questo insiste sullo stress al quale il giocatore è sottoposto. Nel basket non credo ci sia un medico che parla ad una radio del problema di un cestista. Non si può star bene con i carretti se stai male con la capoccia! Il calciatore va messo al centro del campo di applicazione. L’atleta deve essere visto come una risorsa al centro di un quadrilatero: allenatore, medico, terapista e preparatore atletico. Se sono unite uno all’altro, anche a livello di amicizia, ecco che l’atleta viene trattato con grande attenzione e ridurrebbe anche il rischio di infortuni». Questi scarpini agevolano gli infortuni? «No, perché il problema della biomeccanica è l’impuntamento e non lo scivolamento. Questi di oggi tendono a scivolare accompagnando il corpo. I killer maggiori sono in primis la non perfetta osservazione della comunicazione fra l’atleta e lo staff e la seconda è la velocità del calcio che è aumentata. I contatti veloci e ravvicinati ovviamente contano. L’equilibrio muscolare: se potenzi gli estensori, poi devi lavorare sui flessori. Come per le macchine: se la fai più veloce devi metterle dei freni migliori». Vermaelen: la Roma con la visita medica può stabilire che abbia una pubalgia? «Se non mi dici che hai problemi urinari, io non posso rendermi conto del problema. Deve essere l’atleta a dire di avere un disturbo e quindi poi indagare sul problema. Nell’anno dello scudetto ci arrivò Cristiano Zanetti e io, con la pubalgia vera, lo feci giocare con questo “protocollo” imparato da Montella e il suo medico. Ho provato a dare qualche consiglio ma ormai sono fuori dal giro». Strootman e il suo infortunio: decide lui il medico, la società non può far nulla? «Se l’atleta non ha fiducia nello staff, non puoi prendertela con l’atleta. Devi esaminare il perché l’atleta non si fida. All’epoca di Capello ognuno aveva il suo ruolo e tutti si fidavano di tutto lo staff».

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