di Giovanni Berti
C’era una volta una sedia. Una sedia normale, pieghevole, come quelle che si portano nei parchi per i pic-nic. La sedia è posizionata a bordo campo e il campo è quello dell’Ajax. Negli anni precedenti quel rettangolo verde, allentato dalla pioggia o illuminato dai riflettori, era stato testimone dei miracoli e delle profezie, era diventato il palcoscenico prestigioso di una genialità sopraffina messa al servizio di una palla in continuo movimento, che si vedeva, si intravedeva e scompariva per poi riapparire improvvisamente in fondo alla rete. Quel passato è ormai lontano e, nel presente, quella sedia, che fino a quel momento aveva più o meno adempiuto alla sua funzione, sta per essere brandita verso il cielo. Un gesto spontaneo e rabbioso, che grida contro l’ingiustizia, la cattiva fede e la sorte avversa; un gesto e un grido muto che sono destinati a non essere presi in considerazione perché il dio del calcio, è risaputo, sa essere crudele, beffardo ed indifferente. Le mani su quella sedia sono di Emiliano Mondonico, allenatore di un Toro bello e combattivo, capace di battere il Real Madrid, far sudare i cuginastri nei derby e vincere una Coppa Italia nonostante tre rigori contro.

Mondonico incarnava il carattere che di solito si attribuisce al Toro (carattere che negli anni a venire sarebbe stato parecchio latitante), ne portava avanti e ne trasmetteva la filosofia – lacrime, sudore e sangue – nel tentativo di aprire squarci di luce nel buio, di trovare una strada partendo dal sentiero poco battuto, di trasformare il pianto in un sorriso. Quella di Amsterdam non era una sedia. A distanza di anni – e ne sono passati parecchi – quella sedia, simbolo di una sconfitta amara senza sconfitte, è diventata un’altra cosa, se guardiamo con attenzione, ora che l’amarezza si è affievolita. Quella sedia, oggi, non solo è uno dei simboli del nostro amato colore granata, ma è un trofeo, una coppa scintillante che per un momento fa versare lacrime persino al dio del calcio, prima che torni ad essere crudele, beffardo ed indifferente.

Articolo precedenteAtletica, Stramilano, vince il keniota Felix Kibitok
Prossimo articoloCalcio, Roma VIII, I categoria, Di Mena: “Per la finale tutto da giocare”