Un giorno, il giorno, per ricordare una delle pagine più buie nella storia dell’umanità. Un giorno, il giorno, in cui anche il Circolo Canottieri Roma si ferma per guardarsi indietro. Il Giorno della Memoria, istituito dalle Nazioni Unite per commemorare le vittime della Shoah, anche nella sede di Lungotevere Flaminio 39 è da sempre momento sentito.

Lo hanno dimostrato i tantissimi che stamani hanno preso parte all’evento. Lo ha dimostrato lo stesso Massimo Veneziano, che ha aperto la mattinata ricordando l’importanza delle celebrazioni per il sodalizio da lui presieduto. Il pensiero è andato allora a Saverio Coen e Boris Landesman, soci del Canottieri Roma trucidati alle Fosse Ardeatine e ricordati dal consigliere alle Manifestazioni Edmondo Mingione che ha letto la struggente lettera di Coen ai figli scritta nel 1944 dal carcere di Regina Coeli.

Complimentandosi con Italo Massimo Amati “per la perizia da storico con la quale ricostruisce e coordina annualmente le celebrazioni”, il vicepresidente Stefano Brusadelli ha introdotto l’argomento principale dell’edizione 2018: la partecipazione degli ebrei italiani alla Resistenza, partendo dal sacrificio di Marco Moscati, morto anche lui nell’eccidio delle Fosse Ardeatine dopo aver militato nella banda partigiana dei Castelli Romani comandata da Pino Levi Cavaglione. “Nel 1938, in ottemperanza alle leggi razziali – ha proseguito il vicepresidente – anche questo Circolo fu costretto a espellere i soci di religione ebraica, ma nel 1944, all’abrogazione di quelle leggi, fu il primo a convocare un Consiglio d’urgenza per modificare lo statuto e accogliere così nuovamente gli esclusi”.

Successivamente, la parola è andata ad Antonio Parisella, presidente del Museo della Liberazione di Via Tasso: “La nostra memoria inizia proprio da Via Tasso, dove le SS tenevano prigionieri gli ebrei italiani e non. Il rapporto tra quel carcere e la città di Roma era particolare. Ovunque, da sempre, serpeggiava antisemitismo. Tuttavia furono soltanto 160, su una popolazione di 1,5 milioni di persone, a offrire ai nazisti informazioni sulla cattura degli ebrei in cambio di denaro. E questo dato la dice lunga sullo spirito con cui la Capitale visse quei giorni sciagurati”.

Chiusura come di consueto affidata a Simone Amati, che ha recitato l’Ani Ma’amin, il canto tradizionale che gli ebrei eseguirono prima di entrare nelle camere a gas di un campo di sterminio. Grande allora la commozione dei presenti. Le lacrime del ricordo, lacrime per dire “Mai più”.

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