Carlo Regalia
Carlo Regalia

Carlo Regalia, direttore sportivo della Lazio con Gianmarco Calleri dalla stagione 1986-1987 a giugno 1992, presidente della Associazione italiana direttori sportivi e segretari società di calcio, è intervenuto ai microfoni di Radiosei nella trasmissione Buongiorno Capitano. Superata la soglia degli 80 anni, Regalia non si stacca mai dal mondo del calcio. «Purtroppo per me, vista la mia età, da 40 anni sento dire che il calcio è cambiato. Il nostro era più casereccio a livello logistico, ma vero perché i mondiali e le coppe le vincevamo e i migliori venivano da noi. Va detto una cosa importante: a quei tempi il Milan aveva i tre olandesi e gli altri erano del vivaio rossonero come Maldini, Costacurta ed Evani. Il fatto è che i tre stranieri erano tra i più forti, poi è arrivata la legge sulla libera circolazione e c’è stata l’inflazione di stranieri non sempre di livello, molti dei quali stazionano in panchina. Ricordo che a Bari, senza soldi, feci una squadra con giocatori delle serie minori: scrissero: “dallo psichiatra era pronto un lettino per chi aveva fatto quella squadra”. Ebbene, ricordo che con quella squadra salimmo in A, incontrammo il Milan di Maldini e dissi e ai miei: “Domani giocherete su un campo per varcare il quale fino allo scorso anno avreste dovuto pagare”. A Bari venivo criticato due volte l’anno: quando compravo i giocatori e quando li vendevo un anno dopo».

Come è cambiata la figura del ds? «Ora la situazione è scorbutica. La Juve dà grande importanza al ds. Due anni fa ne tesserarono ben 11 con quel diploma e questo porta risultati su tutta la filiera di giocatori». Il dirigente che portò Ruben Sosa e che, con altro portafoglio, avrebbe acquistato Alemao e Rijkaard, ricorda il suo distacco da Roma. «Io andai via della Lazio, dove stavo benissimo e la società pagava puntuale, perché quando arrivò Cragnotti, uomo molto facoltoso, venne accerchiato perché portava tanti soldi e io alla fine scelsi il Bari in B che veniva da un fallimento sportivo dopo essere retrocessi nonostante Boban e Platt. Ve lo ripeto: nelle serie minori ci sono fior di giocatori. Ora il calcio è diventato un business per tutti tranne per i club che in molti casi sono inguaiati». Come se ne esce? «Se ci sono pochi soldi meglio investire nello staff tecnico. Tolti i fuoriclasse la tecnica si può insegnare, quindi giusto lavorare con allenatori in grado di insegnare calcio».

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