L’undicesimo posto di Yeman Crippa nella finale dei 10.000 metri con 27:53.58 (oro all’etiope Barega) ma soprattutto la splendida qualificazione in finale di Nadia Battocletti nei 5000. Alle Olimpiadi di Tokyo, nella sessione pomeridiana della prima giornata, ci sono i mezzofondisti trentini in primo piano. Ed è Nadia, ventuno anni, grandioso crono di 14:55.83, a realizzare il vero capolavoro, firmando il terzo posto nella seconda batteria (a braccetto con le big Tsegay e Obiri) e l’undicesimo crono complessivo: lunedì la finalissima. Fuori, purtroppo, la staffetta 4×400 mista azzurra, prima delle escluse (record italiano 3:13.51) e la triplista Dariya Derkach (13,90/+0.3).

Straordinaria, magica Nadia Battocletti. Una personalità da grande, un talento maestoso, a soli 21 anni. La mezzofondista trentina si qualifica per la finale olimpica dei 5000 metri a Tokyo, fianco a fianco con le migliori al mondo, firmando il primato personale di 14:55.83, che è anche la cifra della migliore prestazione italiana U23 e il suo secondo blitz sotto i quindici minuti dopo il 14:58.73 di Nizza nel mese di giugno. Con una prova di estrema maturità e carattere, dosa alla perfezione le energie, sfodera un ultimo giro sopraffino (poco più di 60 secondi, ultimo km in 2:43) e in rimonta sul rettilineo finale coglie il terzo posto in batteria (e quindi la qualificazione diretta), a braccetto con due fuoriclasse della specialità come l’etiope Gudaf Tsegay (14:55.74) e la keniana Hellen Obiri (14:55.77). Già dopo la prima batteria (con dieci atlete sotto i 15 minuti, da lì tutti i crono di recupero) c’era la certezza di dover correre forte, fortissimo, nella seconda. Così è stato per l’azzurra. Svetta Sifan Hassan (Olanda) con il suo 14:47.89. Undicesimo tempo complessivo per Nadia, un palmarès giovanile incredibile, con due ori europei U20 nel cross e il fresco titolo europeo U23 nei 5000 a Tallinn. Ma da oggi, dalla serata giapponese, si sbarca definitivamente nel mondo dell’atletica che conta. E lunedì alle 14.40 italiane, in finale, c’è soltanto da divertirsi.

”Nei primi tre chilometri – racconta la trentina – il ritmo era tale da consentirmi di pensare. Le vedevo salire, rallentare, spintonarsi, poi nel finale ho pensato: mi butto, quel che viene, viene. Ai duecento ho pensato di partire, lì ho capito che avrei potuto giocare le mie carte in volata. Ed è andata bene. Cosa aspettarsi da me in finale? E’ la mia prima esperienza in campo internazionale, credo sia già tantissimo quello che ho fatto oggi, ma voglio migliorarmi ancora. Ovviamente ci deve essere il giorno giusto, la testa giusta, e soprattutto le gambe. Ce la metterò tutta, rimarrò attaccata fino alla fine, cercherò di sprintare, sapendo che correrò contro delle aliene, atlete che fanno 40 secondi meno di me. Ho ancora 21 anni, sto crescendo, non sento nessuna aspettativa, anche se sì, oggi sento queste atlete molto più vicine, perlomeno in questo tipo di gare”. Obiri, Tsegay, Battocletti. L’ordine d’arrivo sul tabellone è ancora negli occhi di tutto il clan azzurro. Anche Nadia ci riflette su. “Da brividi, pelle d’oca. Le vedevo correre in TV a Londra, a Rio, fin da piccolina, mi chiedevo: come fanno? Negli ultimi giri pensavo a quando le vedevo tutte in fila. Ora sono con loro”. Uno sguardo indietro: Roberta Brunet (Atlanta ’96, e fu addirittura bronzo) ed Elena Romagnolo (Londra 2012), le due precedenti finaliste azzurre nei 5000. E a proposito di Brunet, il record italiano di 14:44.50, da oggi, è meno lontano per una Nadia senza limiti.

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