Domenica 3 dicembre ore 10. A distanza di un mese, la Banda del racconto torna nella pittoresca cornice della necropoli rupestre di Castel d’Asso. Si replica “ATI, professione principessa etrusca”. Settimo e ultimo episodio del fortunato ciclo di passeggiate “Viterbo, la città delle donne – 7 passeggiate/racconto al femminile”: una iniziativa patrocinata-finanziata dal Comune di Viterbo e dal Distretto dell’Etruria meridionale e realizzata per le cure del sottoscritto e di Banda del racconto (in collaborazione con Davide Ghaleb Editore). Progetto nato da un’intuizione della vice sindaca Luisa Ciambella. Conduce Antonello Ricci. Regia di Pietro Benedetti. In scena: Laura Antonini nei “panni” dell’immaginaria principessa etrusca. Alle percussioni Roberto Pecci. Luisa Ciambella porterà i saluti dell’amministrazione comunale.
Da Natale poi “Viterbo, la città delle donne” sarà anche disponibile in formato DVD: una guida davvero speciale della città, per turisti e cittadini. Viterbo come nessuno ve l’aveva mai raccontata.

Dopo il successo dei primi sei episodi (Galiana bella, Vittoria Colonna, Rosina la santa giovinetta, le donne della Commedia dantesca, Beatrice in testa, Donna Olimpia e la “prima” di ATI) ribadiamolo: la sfida intrapresa da Banda del racconto con questo inedito ciclo di passeggiate/racconto, non era delle più facili né prevedeva esiti scontati. Perché quand’anche – anche a Viterbo – le donne sembrino, qua e là, nel corso dei secoli, essersi affacciate da protagoniste ai piani nobili della storia, con il tocco straordinario di una “differenza” di genere, esse sono comunque rimaste Senza-Voce. Eh sì, perché la storia è e resta scrittura. La scrittura è potere. E il potere, ahimè – soprattutto quello dell’inchiostro, dello stilo e della gomma da cancellare – è sempre stato brandito dagli uomini. Questo, al tempo stesso, era l’aspetto più appassionante della sfida: sfregare e rievocare, dalla lampada magica di carte vergate in terza persona da un narratore maschio, una voce femminile in prima persona. Recuperarne, con umiltà, la luminosa soggettività. Ormai possiamo dirlo, chiaro e forte: la sfida è vinta.

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