Saperla lunga, saperla raccontare” è il racconto ispirato alle storie di vita degli ospiti, narratori e narratrici della Residenza sanitaria assistenziale “Viterbo” (La Quercia, viale Fiume 112). Andrà in scena nei locali della RSA sabato 16 marzo alle ore 16. Protagonista la Banda del racconto in stretta collaborazione con i familiari e con gli operatori della struttura. L’iniziativa è aperta al pubblico. Ingresso gratuito.

Agnese, Anna, Anna Lucia, Benito, Caterina, Elisa, Eufemia, Filomena, Giancarlo, Fernanda, Laura, Miranda, Paolo, Sara. Le loro storie. Storie di vita. Storie di tanto tempo fa. Di quando smettere i pantaloni corti equivaleva a un vero e proprio rito di passaggio. Di quando il Tevere, tra Bomarzo e Attigliano, lo guadavi in equilibrio sopra un tronco. Storie antiche, di fame e povertà, come in una fiaba dei fratelli Grimm o una sapida novella del Boccaccio: salsicce appese e gatti “equilibristi”; appetitose patate e maiali lasciati a stecchetto. Storie esemplari, narrate da donne e da uomini esperti della vita, vere persone “di consiglio”. Storie sempre-colme di umile dignità. Storie di quando, pure s’eri rimasta orfana a tre anni, beh, di andartene a servizio in casa altrui proprio non ne volevi sapere: infinitamente meglio la fatica in campagna. Storie, poi, di un tempo più vicino, di progresso e benessere; di quando, almeno in principio, scambiammo la libertà con il canto di un trattore riecheggiante per i colli. Storie di paese e di provincia. Ma anche di città. Negozi e scuole d’avviamento al lavoro che non esistono più. Canzonette e mangiadischi. Incidere un 45 giri. Il ritornello di un’armonica a bocca ai tempi di Carmen Villani. O una gran passione per l’oculistica e tutti i suoi strumenti. Il “miracolo” di un bimbo che, appena operato, si toglie la benda, inforca gli occhiali e “ritrova” la vista. O aneddoti edificanti di amor materno, di cura filiale, di orgoglio e gratitudine: un figlio calciatore giocatore professionista in serie C ai tempi eroici della Viterbese di Gaucci; un altro che studia per la patente con la promessa di venire qui a prenderti e portarti a spasso. A bordo di una qualche poetica torpedo blu, madre e figlio finalmente ritrovati, figlio e madre, liberi finalmente e spensierati. E infine le mille piccole-preziose storie ambientate nei luoghi di una Civitavecchia sprofondata sotto le bombe o di una Viterbo della memoria, ormai leggendaria, assorta-sospesa tra cinema e ricordo, tra sogno e realtà: una “discoteca” al Pilastro dove, ancora ai tempi di John Travolta, ballavi il liscio di Casadei; o un villino su viale Trieste affittato a Federico Fellini: il quale, sul ghiaino del giardino, avrebbe girato certi indimenticabili notturni dei Vitelloni; o un papà che si ritrovò a recitare da comparsa, seduto ai tavoli della vecchia trattoria di via San Lorenzo, nella memorabile scena della pernacchia con Alberto Sordi nella parte del Vigile. E poi… quella certa irresistibile omerica nostalgia di nostos: desiderare il ritorno a un’infanzia splendida e mai vissuta, immersi e felici nella luce e nel mare di Calabria…

Nel settembre 2018, lontano dai riflettori, Banda del racconto sbarcava alla RSA “Viterbo” de La Quercia. Su proposta dell’istituzione stessa, del direttore sanitario dottor Alessandro Compagnoni e in particolare del team professionale di terapisti occupazionali e fisioterapisti, vera anima del progetto: Anna Clementi e Sonia Sessa, Alessandro Piergentili e Alessio La Morgia. Per fare ciò che, dopo tanti anni d’esperienza, Banda sa fare meglio: ascoltare, raccogliere, trasformare e restituire pubblicamente le storie di vita degli ospiti della Residenza sanitaria assistenziale viterbese. Secondo un’intuizione originaria, semplice e penetrante: che raccontare ed essere ascoltati allunghi la vita, ne migliori la qualità. Eserciti e fortifichi la memoria e quindi senso di identità e della dignità personale. Narrazione come terapia insomma.

Sabato 16 marzo l’attività di Banda del racconto culminerà con la consegna ufficiale alla direzione della RSA di tutto il materiale audiovisivo raccolto come primo tesoretto per la costituzione di un archivio-memoria permanente dell’istituzione. Ma soprattutto con una mostra di ritratti delle nostre narratrici e dei nostri narratori (sono tutti bellissimi: sorpresi-intenti nel fuoco della loro narrazione da Marco D’Aureli) ed un nostro racconto-restituzione (a mia cura, con letture di Pietro Benedetti e qualche sorpresa) di ciò che in questi mesi abbiamo imparato ascoltandoli. Il tutto alla loro presenza e quella dei loro familiari. Ma soprattutto: l’iniziativa sarà aperta al pubblico, alla città tutta. Saranno presenti in sala gli apprendisti del master Dibaf-Unitus per “Narratori di comunità” (il pomeriggio è inserito nelle attività didattiche relative).

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