Il suo inserimento ha indubbiamente “impreziosito” l’organigramma tecnico del Volley Club Frascati. Nonostante la giovane età, Zè Araujo Barros (italianissimo a dispetto del cognome che tradisce le origini capoverdiane dei suoi genitori) ha avuto importanti esperienze sia da giocatore che da allenatore e da un mese e mezzo circa è entrato a far parte dello staff del club tuscolano.

«Da giocatore sono stato nell’Under 20 di un Latina allora in serie A2 e poi ho fatto la serie B – ricorda Araujo -, mentre da allenatore ho vissuto soddisfazioni importanti al Volleyro’ dove abbiamo conquistato due scudetti giovanili prima di fermarmi per tre anni per motivi di lavoro. Gli stessi che mi avevano costretto, ad agosto, a declinare la proposta del Volley Club Frascati e in particolare del direttore tecnico Patrick Mineo. Ma di fronte all’insistenza della società e di Patrick, di cui ho una grande stima, alla fine ho accettato questa sfida cercando un “compromesso” con gli impegni personali. Tra l’altro io sono molto attento alle coincidenze e il palazzetto di Frascati fu una sorta di “trampolino di lancio” per la mia carriera da giocatore: qui giocai con la Stella Polare una gara del campionato Under 18 che mi permise di farmi conoscere e apprezzare da diversi addetti ai lavori, quindi questo è un posto speciale per me». Araujo sta seguendo in particolare i gruppi Under 16 e Under 14, ma in generale sta mettendo a disposizione del Volley Club Frascati le sue competenze tecniche. «Nonostante abbia potuto lavorare con personaggi importanti come Carlo Parisi (che attualmente allena in serie A a Scandicci, ndr), posso dire che qui ho trovato il miglior staff con cui abbia mai lavorato nel corso della mia carriera. Abbiamo tutti un obiettivo comune pur avendo delle idee che possono essere diverse in determinate occasioni. E a supporto dei tecnici c’è una società che ha tanta voglia di crescere e scommettere sui giovani». Araujo conclude parlando di come si è sviluppata la sua carriera da allenatore e delle persone che lo hanno indirizzato verso questo mestiere. «I miei “mentori” furono indubbiamente Mario Barbiero e Roberto Rondoni che, seppur per poco tempo, mi hanno lasciato quell’imprinting sul come insegnare e come aiutare gli atleti. Il passaggio al femminile, poi, è stato legato alla prima esperienza con Carlo Parisi a Roma e all’amicizia con Luca Cristofani che poi mi ha spinto a iniziare a lavorare con le ragazze».

Articolo precedenteAtletica, Roma, domenica c’è la “Run for Autism Europe”
Prossimo articoloFootball, Guelfi Firenze, domenica amara per le giovanili