di Alessandro Tozzi
«U sa fari a Chimenti?»
Questa la domanda frequente verso la fine degli anni Settanta, quando i ragazzini giocavano per strada con il pallone evocando i campioni del calcio.
Chimenti, alto 1,69 per 69 kg, baffo alla Pancho Villa, non è certo il prototipo dell’attaccante attuale, sembra più un ragioniere del catasto.
A 20 anni, proprio l’anno dello scudetto, passa per la Lazio, ma viene subito ceduto: è un treno che non passerà più. Si fa notare in serie C a Matera, e nella stagione ’77/’78 passa al Palermo in serie B, allenato da Veneranda, dove segna ventinove gol in due anni e diventa l’idolo della tifoseria palermitana.

Nel 1979 dopo aver eliminato Lazio e Napoli, il Palermo giunge alla finale di Coppa Italia. Chimenti fa subito gol e fa impazzire la difesa della Juve, ma a fine primo tempo esce per un misterioso infortunio. Nella ripresa, a pochi minuti dalla fine segna Brio, e ai supplementari la chiude Causio: la Coppa è della Juve.
È praticamente l’ultima apparizione di Chimenti col Palermo.

L’anno dopo lo compra il Catanzaro in serie A, quindi Pistoiese, Avellino, con tredici gol in tre anni; a fine carriera passa al Taranto, sbagliando due rigori in una partita solo con la Nocerina.

Chimenti, oltre ad essere lo zio di Antonio, il portiere di Juventus e Roma, aveva una peculiarità: “la bicicletta”. In pratica, per superare un difensore, lui si alza la palla col tacco cercando di scavalcarlo senza dribblarlo: è il meraviglioso colpo di Ardiles nel film Fuga per la Vittoria, ma lo faceva già Vito Chimenti da qualche anno. Ed è un colpo solo suo, mai più visto fare a nessuno. «Una volta, in una Palermo-Ascoli, dopo avere fatto quel numero, calciai al volo e feci un gol pazzesco. Per una settimana ne parlarono tutti sui giornali e in televisione. Ma se ci fosse stato Internet, sarai diventato un mito internazionale».

Per questo in quegli anni i giovani di tutta Palermo, e non solo, cercano disperatamente di imitarlo, chiedendosi l’uno con l’altro:
«U sa fari a Chimenti?»
Ma Chimenti che oggi va nel paradiso dei calciatori a fare la bicicletta insieme a Palè, dopo di lui, non lo seppe fare mai più nessuno.

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