Antonello Ricci
Antonello Ricci

Mercoledì 22 novembre alle 10.30 nella sala Regia di palazzo dei Priori a Viterbo, alla presenza di maestre e dirigenti scolastici, nonché di genitori e appassionati di letteratura cittadina, saranno ufficialmente proclamati i giovanissimi vincitori del premio “La léngua vitorbese” per la miglior poesia in dialetto locale, bando riservato agli studenti delle classi quarte e quinte delle scuole primarie del capoluogo.
Hanno aderito all’iniziativa le scuole primarie Villanova (I.C. Pietro Egidi); A. Volta (I.C. Pietro Vanni); L. Concetti (I.C. Luigi Fantappié); A. Grandori e De Amicis (I.C. Carmine); Ellera (I.C. Ellera) e S. Canevari (I.C. Canevari). Per un totale di oltre 150 componimenti.
I vincitori saranno proclamati dal dott. Mario Brutti, presidente della Fondazione Carivit, ente patrocinatore e finanziatore dell’iniziativa. Madrina d’eccezione la vice sindaca Luisa Ciambella: andrà ricordato che il premio per le scuole fa parte di un ciclo d’iniziative voluto dal Comune di Viterbo, a partire da settembre scorso, per ravvivare l’interesse della comunità locale nei confronti del suo dialetto.
Per l’occasione il dott. Brutti consegnerà, quale segno di riconoscimento e gratitudine della comunità stessa, una targa ricordo ai dirigenti di ciascuna delle scuole partecipanti. Nonché ai giovanissimi vincitori ma anche alle maestre e a tutte le classi partecipanti (per la loro biblioteca) una copia dono del volume di Emilio Maggini, “Poesie e prose in dialetto viterbese”, la cui seconda tiratura, ospitata da Davide Ghaleb Editore nella collana “La Banda del racconto”, sarà pronta per mercoledì prossimo proprio grazie al contributo di Fondazione Carivit. Ne approfittiamo per proporvi alcuni brani dall’introduzione del curatore, l’antropologo Marco D’Aureli.

di Marco D’Aureli
Di Emilio Maggini (1900-1986), «agricoltore, autodidatta, decano dei poeti dialettali viterbesi» sono state pubblicate otto raccolte di opere, tra poesie e prose. Ad eccezione de L’ultima goccia, data alle stampe a Roma, per conto delle edizioni della rivista «Omnia», tutti i libri di Maggini sono stati impressi negli stabilimenti della tipolitografia viterbese di Archimede Quatrini e figli. Il primo, Il grande connubio, venne pubblicato nel 1960, quando il poeta aveva già sessant’anni. Al pari del secondo libro, L’ultima goccia, pubblicato l’anno successivo, fu scritto in lingua. Questi due volumetti, di sole – rispettivamente – 8 e 17 pagine, pur costituendo l’esordio editoriale di Maggini, rappresentano una piccola parentesi nella sua produzione. Il grosso del lavoro di Emilio Maggini, infatti, consta di poesie in dialetto viterbese. Tre le raccolte pubblicate: Viterbo al segno della Rosa. Poesie Viterbesi (1970), ’Gni mese ’n canto. Verse vitorbese (1976), ed infine ’Gni tempo ha la su’ ’mpronta. Poesie in dialetto viterbese (1988, uscita postuma). Oltre a quelle contenute nei volumi sopra citati, altre poesie di Maggini hanno trovato accoglienza in raccolte antologiche.
Alle opere in versi si affiancano le raccolte di prose scritte anch’esse «in forma popolare, come è espressione del popolo la parlata dialettale»: Viterbo cu le scarpre grosse (1972), ’L campanone di Viterbo aricconta (1973), La cuccagna (1977), che vanno a costituire, nelle intenzioni dello stesso Maggini, un ciclo unico all’insegna della «gojaria vitorbese», intesa come espressione condivisa e riconosciuta a livello locale di «allegria, sincerità ed anche gioia».
Il florilegio che questo volume offre al lettore è frutto di una operazione di carotaggio eseguita nell’opera di Emilio Maggini. Sono 58 i testi antologizzati, la maggior parte dei quali in versi. Accanto alle poesie, in dialogo strettissimo, le prose. Ad essere scelti sono stati quei componimenti che hanno come protagonisti luoghi (spazi fisici: quartieri, strade, monumenti, piazze) e persone. Luoghi connessi a persone; persone che con il loro fare, dire, o semplicemente abitare, hanno lasciato un segno molto marcato in un punto della città finendo spesso col connotarlo in modo netto sul piano dell’immaginario condiviso. Luoghi popolari, familiari, intimi, d’affezione. Piescarano, in primis. E luoghi teatro della socialità viterbese più formale e della vita pubblica. Maggini ha la capacità di ricucire, entro una unica topografia, al tempo stesso spaziale e sentimentale, luoghi dalla evidente ed indiscussa vocazione monumentale e patrimoniale con le viuzze più popolari, gli antri più nascosti, anonimi. Ed ecco così che accanto a «stemme d’illustre casate», a «palazzette riccamate di ‘ntatta bellezza» troviamo, in una contiguità che non è soltanto spaziale, quelle «fontane petteguele», luogo della vita quotidiana, degli amori, che sono «di Viterbo onore e vanto». È tutto un unico paese, quello cantato e narrato da Maggini. La quinta sezione della raccolta Viterbo al segno della Rosa è intitolata proprio Vita dil paese. Il paese è Viterbo. L’impiego di questo termine non può esser considerato in alcun modo casuale o inconsapevole. Paese è vocabolo denso, non soltanto descrittivo. Ha implicazioni identitarie, relazionali. Mentre la categoria “città” può evocare l’immagine di agglomerati urbani a volte non coesi tra di loro, frutto di giustapposizioni edilizie, di irregolare e incontrollata proliferazione, l’impiego di “paese” lascia ben intendere come nella percezione del poeta i quadranti che danno vita alla Viterbo che ha sotto gli occhi mentre scrive o ricorda siano parti di una entità-in-relazione.
Riguardo alle storie che animano quei luoghi, quelle che troviamo nei libri di Maggini, specie in quelli di prose, ma anche (in maniera più lirica, evocativa) in quelli di poesia, sono pagine di vita quotidiana, storie che portano in superficie e rendono omaggio al potere dei deboli. Esprimono la capacità interna al mondo popolare (o delle “classi subalterne”, per adoperare un termine molto in voga ai tempi in cui Maggini scriveva le sue poesie) di non riconoscersi nello status quo, di prendere le distanze da esso e di dare all’esperienza propri significati, di investire la propria vita di valori autonomi e proprie rappresentazioni. La Catirinaccia docet.
Di quel mondo, di quella società, Emilio Maggini è al tempo stesso espressione ed interprete. Un interprete particolare, certamente. Un interprete interno, che è a conoscenza e che condivide con il proprio “oggetto” d’osservazione codici, valori e immaginari. E che decide di raccontarlo con la lingua più vicina che c’è all’esperienza di quel mondo: quella dialettale.

Le poesie degli studenti viterbesi sono giunte in varie centinaia all’indirizzo della giuria formata da Ostelvio Celestini (presidente onorario e decano della poesia dialettale viterbese), Franco Giuliani presidente di Tuscia dialettale, Massimo Mecarini (nipote del grande Edilio Mecarini e “passionista” del verso dialettale), Pietro Benedetti e Antonello Ricci di Banda del racconto. La giuria sta ancora vagliando con cura i componimenti, secondo tre fondamentali criteri: attinenza al tema proposto, musicalità del verso e rigore dell’espressione dialettale. Da alcune indiscrezioni pare il livello degli elaborati sia notevole, in qualche caso eccellente. Splendida conferma della vitalità della nostra gioventù ma anche della passione e del rigore con cui le nostre insegnanti – nonostante le mille difficoltà dei tempi – si ostinano a educare le nuove generazioni: l’intera comunità ne vada orgogliosa.
I vincitori saranno ufficialmente proclamati (con l’abbinamento dei testi vincenti all’identità degli autori: le poesie sono state presentate infatti in forma anonima) dal dottor Mario Brutti, presidente della Fondazione CARIVIT, ente patrocinatore e finanziatore dell’iniziativa. I premi consisteranno in buoni acquisto per libri o per tecnologia digitale.
Madrina d’eccezione, la vice sindaca Luisa Ciambella (il premio è patrocinato e organizzato dal Comune di Viterbo).
L’evento, co-organizzato da Paolo Bracaglia per il Comitato festeggiamenti Pianoscarano Carmine Salamaro asdc con la collaborazione delle associazioni Tuscia dialettale e Banda del racconto, gode anche del patrocinio del Sodalizio dei Facchini di Santa Rosa.
Il premio per le scuole primarie cittadine, intitolato all’indimenticata figura del poeta piascaranese Emilio Maggini, chiude un ciclo di iniziative voluto dall’Amministrazione Comunale avviato a settembre con la proclamazione dei vincitori del medesimo bando in versione “senza limiti di età” nonché con la pubblicazione-presentazione del volume delle poesie e prose in dialetto viterbese di Emilio Maggini, curato dall’antropologo Marco D’Aureli e pubblicato dall’editore Davide Ghaleb nella collana “La Banda del racconto”.
Come dire: un felice esperimento per rimettere al centro dell’attenzione di tutta la comunità locale valore, dignità, forza espressiva del vernacolo “vitorbese”. Non succedeva da tempo.

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