di Alessandro Tozzi
Un film su una scarpa, con una storia e un cast così, lo potevano fare solo gli americani, senza che diventasse burletta, ma anzi facendolo in qualche modo diventare leggenda; film davvero anomalo, e per questo da vedere, almeno per gli appassionati di basket e di Stati Uniti, oltre che di cinema verità.
La storia è quella dell’ingresso nel 1984 di Michael Jordan nel basket Nba, anche se Jordan nel film non si vede mai come attore, ma solo nei filmati d’epoca, qua e là. Le tre case produttrici di scarpe dell’epoca, Adidas Converse e Nike, se lo contendevano, anche se nessuno aveva realmente capito che valore avesse, nè che potesse diventare il più forte giocatore di tutti i tempi; Jordan, da parte sua, non voleva andare alla Nike, che all’epoca era decisamente in minoranza rispetto alle altre due anche perchè non solo era partita in ritardo ma aveva anche investito poco sul basket, ed anzi aveva l’idea di eliminare quella parte di struttura, fin lì in perdita.
Il filo conduttore del film è Sonny Vaccaro, guru del basket giovanile americano e consulente della Nike: è lui, dopo alcune riunioni spese a capire quali fossero i talenti da poter mettere sotto contratto quell’anno, ad avere la visione che Jordan sia il fenomeno che poi ha dimostrato di essere, convincendo la Nike a puntare tutto il suo budget annuale su di lui. Da lì l’azione di convincimento nei confronti della famiglia del giocatore, che la madre comandava a bacchetta, e l’ideazione in soli 3 giorni di una scarpa, la Air Jordan, che solo nel primo anno di Nba dell’atleta fece incassare 162 milioni di dollari del 1984 alla Nike, stravolgendo i rapporti di forza fin lì esistenti fra le tre case sportive (tanto che nel 1996 Converse, che nel 1984 aveva fra i suoi sponsorizzati Bird, Magic e Doctor J, venne comprata dalla Nike).
La presentazione di una scarpa costruita su misura per lui, unita alle parole di Vaccaro, fecero alfine decidere la madre per scegliere la Nike, non prima di aver ottenuto anche una percentuale su ogni scarpa venduta, percentuale che come ogni buon film americano che si rispetti porterà anche alla nascita di una Fondazione per erogare soldi ai meno fortunati.
Jordan è un personaggio straordinario, un atleta che al culmine della sua carriera ha lasciato il basket per giocare a golf, e poi è tornato al basket più forte di prima per rivincere; sapeva fare tutto, ma soprattutto sapeva volare, da qui il soprannome di Air Jordan, e il nome della scarpa.
Una delle sue frasi più belle è “Allenati come se non avessi mai vinto, gioca come se non avessi mai perso”.
La regia è di Ben Affleck, che nel film interpreta anche il manager della Nike, tutto genio e sregolatezza, non senza prenderlo per i fondelli; il ruolo di Vaccaro è di Matt Damon, in questo film clone di un perfetto misto fra Di Caprio e Amendola.
E’ solo un film su una scarpa, anche se poi saranno 23 i tipi prodotti negli anni, e la prima di queste indossate dal campione è stata venduta di recente a un’asta per 1,5 milioni di dollari. Ma è anche un film su un campione, che nel film non si vede mai, davvero un’anomalia.
Uno che disse: “Nella mia vita ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento partite, ventisei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho avuto successo”.(MJ)
Un vincente nato.

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