di Alessandro Tozzi
Nel 1982 il campionato di calcio italiano di serie A aprì le porte al secondo straniero in squadra. Arrivarono Platini, Boniek, Passarella, Dirceu, Edinho, Diaz, Victorino, Uribe e arrivò anche Trevor Francis alla Sampdoria, uno dei migliori acquisti di quell’anno sulla carta.
Di quegli anni conosco tutti gli stranieri, molto meglio di adesso, e non è raro che è a distanza di 40 anni se vedo un gol ancora me lo ricordi, visto che all’epoca si viveva di calcio italiano e novantesimo minuto.
La Sampdoria era stata appena acquistata dal petroliere e magnate Paolo Mantovani, che nel giro di pochi anni la farà diventare una delle principali squadre del panorama italiano, comperando giovani talentuosi come Mancini, Vialli, Fusi, Renica, Pari, Pagliuca, e qualche vecchia volpe come Dossena e Cerezo, oltre a Boskov in panchina che li porterà al titolo nel 1991 e alla finale di Coppa dei Campioni nel 1992 (maledetta Wembley).
L’acquisto di Francis andava in quella direzione, l’inglese fra il 1979 e il 1981 si era laureato due volte di seguito campione d’Europa col Nottingham Forest di Brian Clough (una finale contro il Malmoe venne vinta con un suo gol di testa), Nottingham che lo aveva pagato 1 milione di sterline, primo giocatore nella storia del calcio inglese ad essere valutato così; era una stella in patria e titolare della nazionale con più di 200 gol a fine carriera; il suo arrivo in Italia dimostra che all’epoca le sirene del nostro campionato, quando cantavano, facevano arrivare giocatori da tutto il mondo, eravamo noi gli arabi degli anni ’80.
Francis arriva dunque come fuoriclasse, e i tifosi entusiasti gli dedicano subito un 45 giri “Trevor Francis resta qui con noi, la Sud ti ama già fallo per noi”, ma è spesso infortunato (talvolta presunto, si dice a Genova), e nei 4 anni alla Samp, dove sgomita con i giovanissimi Mancini Vialli e Pino Lorenzo per guadagnare il posto in squadra in attacco, la vera cosa notevole che fa è vincere da protagonista una coppa Italia nel 1985 come capocannoniere della manifestazione, il vero segno tangibile di 5 anni di presenza nel campionato italiano, l’ultimo dei quali giocato (poco) nell’Atalanta. E un gol all’Inter a San Siro nel quale si beve in scioltezza tutta la difesa dell’Inter, la mette sotto al sette e poi esulta all’inglese, con quelle due braccia alzate da calciatore ancora antico, modello Shearer.
Poi andato via dall’Italia se ne perdono le tracce, è diventato allenatore, ma senza risultati notevoli. Oggi se ne è andato per un infarto, a Marbella, in Spagna, nemmeno settantenne, a riformare una coppia d’eccezione con Gianluca Vialli, a scambiarsi il ruolo di prima e seconda punta.
Ti sia lieve la terra Trevor.

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