New York City Marathon
New York City Marathon

La pandemia spazza le grandi maratone. In pochi minuti si arrendono prima New York e poi Berlino: la corsa più famosa e la fucina dei record del mondo, sino al 2h01:39 di Eliud Kipchoge datato 2018, spariscono dal calendario di un anno spietato. New York e Berlino raggiungono Boston, disputata anche durante le guerre mondiali e uscita di scena il mese scorso. Londra, spostata ad ottobre, è in forte dubbio. Al momento è invece confermata Amburgo per il 13 settembre: non una major ma è lì che nacque la stella del Kipchoge-maratoneta al debutto (vincente) nel 2013.

Il timore di un virus che serpeggia e si diffonde si abbatte sulla corsa newyorkese che il 1° novembre avrebbe dovuto celebrare la cinquantesima edizione. Il popolo che dal ponte di Verrazzano fa rotta per Central Park non può che darsi appuntamento all’anno prossimo. Nessuna garanzia di sicurezza per i 50.000 al via, per l’esercito dei volontari, per gli spettatori, ammettono gli organizzatori. Sulla scelta berlinese pesa un decreto governativo: sino al 24 ottobre non possono essere organizzati eventi che radunino più di 5000 persone.

In mezzo secolo l’invenzione di Fred Lebow che ogni anno raduna circa 3000 italiani si era fermata soltanto una volta: capitò nel 2012 quando, dopo il passaggio dell’uragano Sandy, proprio alla vigilia, il sindaco Michael Bloomberg constatò che non esistevano le condizioni perché la corsa potesse andare in scena. Quella tempesta aveva messo in ginocchio la città, interrotto i collegamenti, messo in crisi i servizi più essenziali. La creatura del New York Road Runners non si era arresa neppure di fronte all’immane tragedia che aveva aperto il nuovo millennio: a meno di due mesi dall’attentato alle Torri Gemelle, mentre su Ground Zero aleggiava ancora un pulviscolo di polvere e morte, la maratona si trasformò in un’affermazione di speranza, in un desiderio di vita.

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