Master DIBAF Unitus e Banda del racconto
Master DIBAF Unitus e Banda del racconto

Venerdì pomeriggio a Beni culturali (Riello), nell’ambito del Master DIBAF-Unitus per “Narratori di comunità”, poesia dialettale in cattedra. Sessione guidata da Pietro Benedetti, attore e regista della Banda del racconto, tuscanese all’anagrafe ma, per unanime consenso, riconosciuto ormai quale genuino interprete, “gojo” e “Frisigello” del verso dialettale viterbese. Mattatore del pomeriggio il decano di Tuscia dialettale, Ostelvio Celestini (classe 1934) in quale, intervistato da Pietro Benedetti, ha saputo deliziare gli apprendisti narratori raccontandosi in prima persona: l’antico amore per il vernacolo ascoltato dalla viva voce dei vecchi del rione di Piascarano (che usavano andare a sedersi “a solina” appena fuori porta del Carmine); il suo rapporto di apprendistato coi maestri della vernacolarità locale (Maggini, Pasquini, Mecarini); l’indissolubilità del nesso tra un dialetto e il mondo residuo di cui esso fa custodia e del quale rievoca cose, mestieri, relazioni sociali. Molto apprezzata dai presenti la esperta declamazione di Celestini, di impostazione epica, più volte sottolineata dagli applausi. Breve ma intenso intervallo in scena anche per un altro dialettale della Tuscia: il simpaticissimo quanto bravo Realino Dominici, poeta della valle dei Calanchi (Civita di Bagnoregio). In chiusura, per offrire un concreto assaggio di uno fra gli aspetti centrali della narrazione di comunità, Pietro Benedetti si è esibito nel monologo (tutto dialettale, ovviamente) dell’innocente ardito del popolo Mastrumberto Andreoli, personaggio “cavato di naturale” dagli atti del processo per l’omicidio del giovane Jaromir Czernin avvenuto il 10 luglio 1921.

Sabato invece, dopo la lezione mattutina dell’antropologo di banda del racconto Marco D’Aureli dedicata a “questioni e metodiche delle fonti orali nell’ambito della narrazione di comunità” e dopo un veloce pezzo di pizza al taglio, il gruppo degli apprendisti si è spostato a Valentano, dove Ireneo Melaragni ha spalancato le porte di casa e del suo atelier, accettando di testimoniare – narrandosi con la consueta affabilità – oltre trent’anni di avventure ed esperienze di ricerca pittorica consacrata all’indagine dei paesaggi della Tuscia: dalla prima mostra a Ischia di Castro (1985) fino alle “Sentinelle dell’Oltre” (Selva del Lamone, 2016). E proprio le “Sentinelle” Ireneo ha voluto allestire nel boschetto dietro casa per accogliere e onorare apprendisti narratori e “banditi”. A cospetto delle 7 steli, Michela e Pietro Benedetti, orchestrati da Olindo Cicchetti (che ha curato scelta e montaggio dei brani) e accompagnati dalle percussioni di Roberto Pecci, hanno ricambiato il dono dell’accoglienza con un breve quanto suggestivo reading en plein air. Non è mancato un bel momento conviviale: pane cacio e buon vino rosso, accompagnati dalle immancabili “rigaje” (riflessioni e approfondimenti a latere della lezione). In chiusura, sorpresa ulteriore: Antonio Tonietti, ritardatario giustificato, ha sfoderato la Tavola Armonica di sua invenzione e fabbricazione – una straordinaria “stanza portatile del suono” a  – incantando per qualche minuto gli ultimi rimasti.

Quinto modulo archiviato quindi con pieno successo. Prossima settimana tocca al sesto. Si parlerà di paesaggi e giardini (storici) con Sofia Varoli Piazza, fra i massimi esperti di settore. Ma anche di fiabe e di musei del mondo contadino, con una poetica sortita fino a Latera…

Articolo precedenteCalcio, Atletico Kick Off, Del Vecchio: “Sono ancora al 40% della condizione…”
Prossimo articoloSbarca a Roma “Real Bodies, scopri il corpo umano”