Per uno come me che non tifa Lazio ma che nel contempo è fortemente legato agli anni Settanta, il libro scritto da Guy Chiappaventi e dedicato a Luciano Re Cecconi riporta per forza di cose indietro con la mente a quell’edizione del tg che annunciò la crudele morte del centrocampista biancoceleste. Altri tempi, altra televisione, meno trash e più attiva rispetto a un quotidianità televisiva sospinta da notizie per lo più inutili ma comunque urlate senza soluzione di continuità. Aspettavo questo libro quasi come una manna dal cielo dopo aver letto anni fa “Pistole e palloni”, straordinario affresco di Chiappaventi d’una squadra apparentemente malsana ma vincente. Una squadra che durò il tempo d’un amen, che conquistò lo scudetto nel giorno in cui l’Italia accolse a braccia aperte il divorzio, segno d’una domenica di spaccatura a tutto tondo. Una storia melodrammatica, incorniciata da capitoli assurdi e scomparse impensabili proprio come quella di Luciano Re Cecconi, fisionomia da panzer e ventotto anni di vita sfumati con un colpo di pistola, per uno scherzo andato male. Roba da rabbrividire mentre il cronista osserva le foto del tempo che fu e tenta di immaginare quale fisionomia avrebbe avuto quel numero otto capace di “far legna” in mezzo al campo, ma di saper essere anche elegante nei modi. Non ho ancora letto “Aveva un volto bianco e tirato”, ma so per certo che chi l’ha scritto fa il cronista con cognizione di causa, “tedesco” anch’egli nel mare magnum del pressapochismo italiano.