Guelfi Forenze 565
Guelfi Forenze 565

La prima stagione di Kyle Devon Griffin a livello senior è stata segnata da una serie di momenti marcatamente diversi fra loro: le prime tre partite in trasferta lo hanno visto ambientarsi e prendere le misure con il campionato italiano, poi è arrivata la fase del dominio assoluto in difesa al “Guelfi Sport Center”, per poi finire con due giornate di stop per infortunio ed il rientro non al 100% nella sconfitta ai quarti di finale dei play-off Scudetto sul campo dei Parma Panthers.
L’ex capitano dei Northern Colorado Bears, squadra di NCAA First Division, ha comunque chiuso con un bilancio più che positivo visti i suoi 5 intercetti messi a segno in stagione, ritoccato il precedente record di 4 nel suo ultimo anno trascorso all’università situata a nord di Denver ed il suo contributo essenziale nel rendere la difesa dei Guelfi Firenze una delle più efficaci della Prima Divisione. Ecco quindi le impressioni del diretto interessato sulla sua prima annata sportiva disputata al di fuori degli States.

Ad inizio stagione si era posto l’ambizioso obiettivo di intercettare 8 palloni…
“Certamente uno vuol sempre raggiungere quanto si era prefissato ma ho comunque ritoccato il mio precedente record. Penso che senza l’infortunio che mi ha condizionato nell’ultima parte di stagione sarei potuto arrivare fino alla quota voluta, però aver aiutato la squadra a chiudere con un record positivo resta la cosa più importante per me. Ovviamente uno punta sempre a vincere il campionato, ma un bilancio di 6 successi e 4 sconfitte alla prima stagione di IFL resta un grande traguardo per questa società”.

Come è stata la prima esperienza con i grandi dopo gli anni di Ncaa?
“E’ stato un cambiamento notevole per me. Il livello di competizione è diverso e lo stesso si può dire per lo stile di gioco. Mi ricordo di aver detto in una precedente intervista che ho necessitato di alcune partite per calibrarmi nei confronti di un football diverso da quello che si gioca dalle mie parti e dopo questa prima fase di ambientamento è stato tutto fantastico. Giocare con questi ragazzi è stato gratificante e tutte le volte che sono sceso in campo l’ho fatto con il sorriso, perché condividere questa esperienza con un gruppo così unito è veramente qualcosa che ti rimane dentro. Questo dovrebbe essere il vero spirito del football, mentre in NCAA, alcune volte, non è esattamente divertente visto che c’è molta pressione ed il livello di stress è alto dato che giochi per un futuro nei professionisti e hai molte persone in tribuna che sono lì solo per giudicare quello che stai facendo”.

Come ha reagito il gruppo  alle tre sconfitte a inizio stagione?
“Quello è stato un momento fondamentale per il nostro percorso, la prova regina della caratura morale di questa gente. Abbiamo perso le prime tre partite, altre organizzazioni si sarebbero demoralizzate finendo con il tirare i remi in barca, ma non questa società. Ci siamo detti ‘ok, prepariamoci ancora più duramente, giochiamo ancora più duramente e prendiamoci la vittoria’. Mi ricordo di essere uscito dal tunnel degli spogliatoi per entrare in campo alla partita di debutto in casa e l’energia del team era incredibile e fin da subito, fin dal primo snap, sapevo che era scoccata la nostra ora”.

Si rimprovera qualcosa della partita di play-off contro i Parma Panthers?
“Ho fatto un paio di errori in quel match e sento sulle mie spalle il peso di aver concesso un touchdown. Tutto questo però fa parte del gioco ed anche gli atleti di NFL, i migliori al mondo, fanno errori. In quella sfida abbiamo dimostrato di poter competere con le squadre più forti d’Italia, ma per poter far parte di quella ristretta cerchia c’è ancora del lavoro da fare”.

Questa esperienza l’ha cambiata, dentro e fuori dal campo?
“E’ una domanda a cui potrei rispondere per anni, senza mai interrompermi o ripetermi. Salutare il tuo paese ed andare a vivere all’estero per sei mesi è una cosa che ti lascia il segno dentro, uscire dalla tua sfera familiare e mettere un oceano fra te ed i tuoi affetti è un’esperienza formativa. Qui ho trovato delle persone fantastiche e ho fatto la conoscenza con una cultura profondamente diversa da quella che conoscevo e questo mi permette di vedere le cose sotto diversi punti di vista ed apprezzarle più a fondo. Questa vita, sia dentro che fuori dal campo, mi ha fatto tornare ad amare questo sport e, anche se dovessi decidere di appendere casco ed armatura al chiodo domani, avrei comunque una bellissima storia da poter raccontare a figli e nipoti in futuro, perché non sono in molti a poter dire di aver continuato a giocare anche dopo aver finito il college facendo un’esperienza come quella che ho fatto io in Italia. Tutto questo ha cambiato per sempre la mia vita al 101% e se posso affermarlo con tanta sicurezza è solo merito dei Guelfi Firenze, questa gente ha fatto sentire me e gli altri import come se fossimo a casa sin dal primo giorno”.

C’è un ricordo che le rimarrà più caro di altri?
“Ne ho alcuni. Il drive d’apertura della nostra prima vittoria: Bologna riceveva il kick-off di Simone Petrucci ed Andrea Benoni ha subito placcato con forza brutale il loro ritornatore, lì ho pensato che ci saremmo divertiti; subito dopo sono stato io a fermare il loro running back ed al secondo snap Benoni ha intercettato il pallone e l’ha riportato fino in fondo ed in quel momento ho provato delle sensazioni che fatico anche solo a spiegare. Altro momento da incorniciare? La partita casalinga contro le Aquile Ferrara, l’abbiamo giocata e vinta sotto il diluvio e poi ci siamo concessi quello scivolone di gruppo sotto la tribuna, un momento di pura gioia guadagnato con una lotta senza esclusione di colpi. Fuori dal campo, invece, dico che uscire con la squadra per divertirsi e mangiare la pizza dopo gli allenamenti e viaggiare l’Italia per visitare tanti posti incantevoli sono emozioni che non hanno prezzo. Non vedo l’ora di poter raccontare tutto questo alla gente che mi aspetta a casa”.

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