A quattro anni dalla morte di Michele Scarponi, piangiamo per Silvia. Aveva 17 anni e tre giorni fa era stata travolta da un’auto mentre si allenava in sella alla sua bicicletta alle porte di San Daniele del Friuli. Un impatto violentissimo che aveva costretto i sanitari a chiedere l’intervento dell’elisoccorso per trasportarla all’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine. Qui le condizioni della ragazza sono apparse subito gravissime a causa di un importante trauma cranico e nel tardo pomeriggio di ieri, purtroppo, ha chiuso per sempre i suoi bellissimi occhi.
La violenza verbale e fisica contro i soggetti più deboli, come lo sono sulla strada i ciclisti urbani e sportivi, giovani che non diventeranno mai adulti come Silvia, non può essere tollerata in una società civile, mai più. Per questo l’Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani da tempo impegnata nella promozione della sicurezza stradale ha deciso di fare causa allo Stato Italiano per inadempienza e mancanza della tutela dei propri cittadini.
«Oltre che triste oggi sono infuriato. Ricordo le promesse delle autorità fatte sulla tomba di Scarpa, che non si sono tramutate in azioni concrete per fermare la strage quotidiana sulle strade del nostro paese. Chi ha sprecato parole per racimolare consenso senza poi muovere nemmeno un dito per cambiare questo inaccettabile status quo è un delinquente. I politici che continuano a ignorare i nostri appelli sono complici delle morti che ogni giorno si verificano in strada. A chi toccherà domani?» commenta Cristian Salvato, presidente ACCPI.
«Chiediamo “un metro e mezzo di vita” non la luna. Chiediamo rispetto per la vita umana. Chiediamo che una studentessa possa andare a scuola o praticare il suo sport senza finire sotto le ruote di un’auto, che in un attimo infrange i suoi sogni e costringe a un dolore infinito i suoi genitori e chiunque la conoscesse».
Visto che in Italia nulla cambia, ACCPI ha deciso di appellarsi alla Corte Europea. «Ci siamo rivolti alle massime autorità del nostro Paese, abbiamo svolto a nostre spese campagne informative, promosso iniziative per favorire l’educazione stradale ma a quanto pare non basta. L’ennesima tragedia ci spinge a non demordere e a perseguire il nostro obiettivo, ad ogni costo. Noi le promesse le manteniamo – assicura Salvato. – Vogliamo infrangere il muro di accettazione, di abitudini, di omertà e di silenzi colpevoli. Continueremo a combattere la violenza con la forza del diritto e della legge contro chi odia e disprezza la vita altrui anche solo per ignoranza. Per Tommaso, Nicola, Thomas, Michele, Lorenzo, Simone, Andrea, Giovanni, Edoardo, Niccolò, Rosario, Luca, Sara, Elisa, Silvia…».