di Alessandro Tozzi
L’immagine di Nicola Pietrangeli novantenne che alza la Coppa è di quelle che rimangono nella memoria, sperando che Nicola abbia modo ovviamente di alzarne altre negli anni a venire.
La vittoria di solito ha molti padri, quella di una coppa Davis dopo 47 anni ben più di molti. In ordine sparso provo ad abbozzare un decalogo.
1) Luzzi, Brandi, Galvani, Bertolini, Santopadre, Colombo, Cipolla, Giannessi, Travaglia, Narducci, Martelli, Tieleman (a mero titolo di esempio, ce ne sono anche molti altri): dopo 40 anni di risultati molto scarsi, fino alla serie C dopo la sconfitta con lo Zimbabwe (dicasi Zimbabwe), l’Italia porta a casa la Coppa e un inevitabile omaggio va anche a chi, spesso malamente ma poco importa, ha vestito la maglia azzurra nella lunga marcia di vacche magre, più spesso magrissime.
2) La premier stavolta ha twittato solo dopo la vittoria di Sinner domenica, e non ieri, come aveva fatto maldestramente dopo la vittoria di Sinner a Torino su Djokovic nel girone: un pezzo di scaramantica vittoria, qualcuno glielo avrà detto immagino, è anche sua.
3) La federazione internazionale ha fatto fuori la Russia di Medvedev e Rublev, unica squadra con due giocatori nei primi dieci, per i motivi che sappiamo, obbligando da più di un anno i due a giocare senza bandiera, come se uno non sapesse da dove vengano. Se la vittoria nel 1976 derivò dalla scelta di andare in Cile, politicamente avversata da molti, qui viene anche dalla guerra in Ucraina e da questa decisione, inutile nascondercelo.
4) Matteo Arnaldi a gennaio era 140 del mondo e si affacciava in pratica nel circuito internazionale. In Australia non passa le qualificazioni, poi piano piano comincia a vincere qualche partita, ad entrare nei tabelloni e a fare risultati, che lo hanno portato oggi ad essere nei primi 50 del mondo. Se a gennaio gli avessero detto che la finale di Coppa Davis sarebbe dipesa da una sua vittoria nel singolare li avrebbe presi per matti e invece è stato così, considerando le numerose defezioni dei suoi compagni, che il punto di Sinner era quasi scontato, e che pareva anche difficile che i due australiani, fra i migliori al mondo in doppio, cedessero alla nostra coppia gagliarda e tosta ma comunque improvvisata. E così al termine di una partita che è stata più o meno come le montagne russe, sempre che il termine russe si possa dire oggi nel tennis, il nostro ce l’ha fatta, con il sempre pessimo Fiocchetti che lo chiamava Matteo quando giocava un vincente e Arnaldi quando perdeva il punto dopo con errori banali. Mi piace pensare che oggi in testa alla classifica dei meriti ci sia proprio lui, l’ultima ruota del carro italiano, che in finale ha conquistato il punto quasi certamente decisivo, proprio come la riserva Zugarelli (il tennista senza una falange) nella famosa partita contro gli inglesi.
5) Arnaldi, Musetti e Sonego. Premesso che Sonego i suoi meriti ovviamente ce l’ha anche in finale per i due doppi, e chissà quale sarebbe stato il suo apporto nel singolare fosse stato bene, non possiamo dimenticare che se siamo arrivati a Malaga lo dobbiamo a un turno preliminare per fortuna giocato in casa a Bologna a settembre, dove Sinner si è chiamato fuori, per cui i tre hanno retto bene o male la baracca in una incredibile partita col Cile da dentro e fuori, con tre vittorie di misura al terzo set dopo match point contro anche lì (in quella di Sonego). Ora sono tutti con Sinner, ma leggetevi a settembre quello che si diceva da parte di quasi tutti (me compreso) della sua assenza a Bologna, e nel 2021 della sua assenza alle Olimpiadi.
6) Riccardo Piatti. A lungo allenatore di un giovanissimo Sinner, se il ragazzo è arrivato a questo punto una parte del merito è anche suo, non dimentichiamolo. Molto bello un messaggio di qualche giorno fa nel quale faceva gli auguri a Sinner di vincere tutto, e il tono del messaggio non nascondeva ipocrisia, Piatti è un personaggio strano, nel tennis da sempre, e vedersi sfuggire dalle mani appena ventenne un possibile top ten poteva dare il via a una diatriba italica, che per fortuna di tutti non si è verificata.
7) Adriano Panatta. E’ bastato mettere Panatta a commentare la Coppa Davis, sia pure da studio, e subito l’Italia è tornata ad alti livelli: Panattone non tradisce mai. Peccato solo al suo fianco non ci fosse il sodale Galeazzi.
8) Fognini e Berrettini. Il primo giocatore italiano a tornare nei top ten dopo 40 anni, se il movimento oggi sembra tornato fortissimo una parte del merito va anche a lui. E pure a Berrettini, che oggi era a Malaga a tifare, e ci ha riportati in finale di uno slam dopo 45 anni.
9) Filippo Volandri. Non vedo particolari meriti per lui, se non aver fatto fuori Bolelli e Fognini che avrebbero potuto essere titolari in doppio, ma comunque se sei il tecnico della squadra che vince la Coppa Davis qualche merito ce l’hai anche tu, anche se da giocatore hai perso in Zimbabwe e ci hai mandati in serie C. E poi, come disse Pietrangeli, “devi pur sempre gestire ragazzi che a un certo punto si credono Dio”.
10) Jannik Sinner. In queste due settimane il giocatore più forte del mondo insieme a Nole Djokovic, che pure ha battuto due volte su tre in singolo e anche in doppio. Non sappiamo se questa forma fisico/tecnica lo assisterà per sempre, ora certamente viene il difficile, perchè ogni sua scelta verrà vivisezionata, ogni sconfitta darà il via a un processo del lunedi e ogni soldo che guadagnerà darà adito a battute sulla residenza a Montecarlo, ma il giocatore visto qui, a parte un gioco di volo da numero 300 del mondo, ha tutto per stare al top. Lunga vita all’altoatesino.
Un’ultima immagine appare sul teleschermo, quella di una squadra che durante la premiazione canta l’inno e poi si abbraccia, mentre parte la musica di We are the champions, luci e coriandoli. 47 anni fa a Santiago del Cile a malapena ci diedero la Coppa, con le nostre magliette rosse indossate per protesta il giorno del doppio (o almeno questa la leggenda). Pietrangeli era a Santiago ed oggi a Malaga, quale anello di congiunzione delle due vittorie che oggi fanno festeggiare un’Italia dove il tennis fino a qualche anno fa era uno sport quasi dimenticato: il tennis è lo sport del diavolo, ma appena vinci in Paradiso vogliono entrarci davvero tutti.

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