di Alessandro Tozzi

John. Paul, George e Ringo: 4 giovani ragazzi di Liverpool anche un po’ cazzari che nei favolosi anni ’60, direbbe il compianto Minà, hanno cambiato la storia della musica e del costume mondiale.
Nessun altro come loro, nè prima nè dopo.
Ron Howard, il Richie Cunningham di Fonzie e regista di primo livello, nel 2016 ha prodotto e diretto un documentario sui Beatles, Eight days a week, focalizzando l’attenzione proprio sulla lunghissima fase dei loro neverending tour, dal 1962 al 1966.
Un fenomeno di massa pian piano cresciuto, fino a diventare esponenziale in tutto il mondo: ovunque andassero era Beatlesmania totale, con centinaia di migliaia di fans in delirio pronti ad accoglierli. Molto al di là del valore delle loro canzoni dell’epoca, sicuramente valide e orecchiabili, ma non ancora diventate le canzoni di culto che conosciamo tutti e che rimarranno nei secoli a venire.
I Beatles erano un gruppo di ragazzi che facevano musica leggera (anzi leggerissima), in tutti i sensi, le loro canzoni erano una lunga sequela di brani carini e spesso ballabili, che per qualche motivo imperscrutabile divennero patrimonio dell’umanità nel giro di un paio d’anni, costringendoli a girare il mondo per accontentare i fans, senza nemmeno sapere quanto sarebbe durato questo fenomeno di allucinazione collettiva.
Nel 1964 al regista Richard Lester viene commissionato un film con loro come protagonisti dal titolo “A hard day’s night”, e la prima cosa che gli dice il produttore è “mi raccomando che esca prima dell’estate, perchè dopo l’estate il fenomeno finirà”: nessuno, nemmeno loro 4, aveva reale contezza di cosa avevano sotto mano, semplicemente perchè i Beatles erano in continua mutazione, e lo dimostra la loro storia professionale.
Dopo 4 anni di concerti, nei quali riescono a incidere dischi scrivendo canzoni nei treni, nei pullman e sugli aerei, i 4 decidono di fermarsi, non ce la fanno più; è in quel momento che nascono i grandi e veri Beatles, il che non era affatto scontato, ed è anche abbastanza pazzesco a pensarci: i Beatles diventano davvero grandi solo dopo aver girato in lungo e in largo il pianeta acclamati come dei.
Nel film si dice che solo Mozart in carriera ha avuto un livello così alto se pensiamo agli anni della sua produzione musicale e alla qualità di quel che ha scritto. Probabilmente è vero, considerando che in soli 7/8 anni e una dozzina di dischi questi 4 ragazzi sono stati in grado di lasciare un segno indelebile nella musica leggera, e non solo.
Il connubio di Paul Mc Cartney e John Lennon, musiche testi e idee, senza togliere niente agli altri due, rimane nella storia.
L’ultima scena è riservata alla loro ultima esibizione a sorpresa, il 30 gennaio 1969, sul tetto della loro casa discografica, un set di 42 minuti che è entrato nella storia della musica come evento unico e irripetibile, chiuso da un impellicciato Lennon che scherzando dice “Vorrei dire grazie a nome del gruppo e di noi stessi e spero che abbiamo superato l’audizione”.
Audizione superata John, farete strada.
Per noi è un si.

Articolo precedenteBasket in carrozzina, gara 1, successi di Amicacci e Briantea84
Prossimo articoloPara Powerlifting, Telesca solleva 210 kg e firma il (momentaneo) record europeo