di Alessandro Tozzi
Dopo una settimana di polemiche, oggi è uscita la sentenza del giudice sportivo sul caso Acerbi.
Questi i passaggi fondamentali.
“Al minuto 13° del secondo tempo… l’arbitro riferiva quanto segnalatogli da Juan Jesus circa le presunte espressioni offensive di discriminazione razziale da parte di Francesco Acerbi…
“Da parte di Acerbi nei confronti di Juan Jesus è sicuramente compatibile con l’espressione di offese rivolte, peraltro non platealmente (con modalità tali cioè da non essere percepite dagli altri calciatori in campo, dagli Ufficiali di gara o dai rappresentanti della Procura a bordo del recinto di giuoco), dal calciatore interista, e non disconosciute nel loro tenore offensivo e minaccioso dal medesimo “offendente”, il cui contenuto discriminatorio però, senza che per questo venga messa in discussione la buona fede del calciatore del Napoli, risulta essere stato percepito dal solo calciatore “offeso” (Juan Jesus), senza dunque il supporto di alcun riscontro probatorio esterno, che sia audio, video e finanche testimoniale”.
“La condotta discriminatoria, perdipiù quando riferita alla razza, deve essere sanzionata con la massima severità ma occorre che l’irrogazione di sanzioni così gravose sia corrispondentemente assistita da un benché minimo corredo probatorio, o quanto meno da indizi gravi, precisi e concordanti in modo da raggiungere al riguardo una ragionevole certezza”
“Essendo raggiunta sicuramente la prova dell’offesa, ma rimanendo il contenuto gravemente discriminatorio confinato alle parole del soggetto offeso, senza alcun ulteriore supporto probatorio e indiziario esterno, diretto e indiretto, anche di tipo testimoniale non si raggiunge nella fattispecie il livello minimo di ragionevole certezza”.
Acerbi (fino a ieri ex laziale, oggi tornato interista) è stato quindi assolto, senza che alcuno possa fare appello contro questa decisione. Decisione pilatesca, certo, e auspicata anche da Spalletti, prima ancora che dall’Inter, che non è costretto a lasciare a casa il giocatore per l’Europeo.
Come avvocato apprezzo certamente la parte riguardante l’esigenza di avere piena prova di un fatto considerato dall’ordinamento sportivo e dall’opinione pubblica in maniera così grave, ma rimango perplesso sulla evidente contraddizione del provvedimento che da un lato ritiene provata l’offesa di Acerbi, ma dall’altra ritiene il contenuto confinato alle parole del soggetto offeso, senza quindi avere alcuna piena certezza.
Delle due l’una: se l’offesa è certa (e se soggetti terzi non l’hanno sentita, se Acerbi la smentisce non si capisce come possa esserlo), doveva essere considerata grave, a meno che il contesto nel quale è stata proferita, ovvero quello indicato ai media da Acerbi (che conosce Juan Jesus da circa 10 anni) “ti faccio nero!”, non sia ritenuto verosimile e dunque l’offesa in qualche modo derubricata a modo di dire che per mera sfortuna ha avuto come interlocutore un giocatore di colore, che quindi può risentirsene, e non un bianco, che si sarebbe fatto una risata.
In realtà il problema da affrontare sarebbe un altro, e cioè che se io dico nero a un giocatore di colore (che magari mi ha sputato) prendo sei mesi di squalifica, se dico a un giocatore che spero che sua madre muoia di stenti dopo aver fatto per 30 anni la prostituta in un manicomio criminale (magari ad uno che non mi ha fatto niente), ciò resta solo un malvezzo criticabile moralmente, anche se Acerbi, paradossalmente ancor di più dopo questa assoluzione, sarà segnato a vita da tutto questo, anche se non avesse avuto alcuna intenzione di offendere l’altro.
Su questo dovremmo interrogarci, più che sulla pena da dare a chi proferisce un insulto razzista, magari in un momento di nervosismo, che è ritenuto più grave di qualsivoglia altro insulto, bestemmia, minaccia, o altro; se dico a uno ti faccio sparare a te e ai tuoi figli fa ridere, se gli dico nero chiudo la carriera.
Fino a che non avremo piena contezza di questo, andremo incontro a decisioni pilatesche nei confronti di quelli per i quali la legge si interpreta, ed esemplari nei confronti di quelli per i quali la legge si applica.
Pilato, infatti, aveva già capito tutto 2000 anni fa…

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