Il noto armonicista a bocca, maestro di strumento alla Staff Music School Viterbo, si esibirà con i suoi allievi-apprendisti, fra cui Antonello Ricci e Marco D’Aureli di Banda del racconto, nell’ambito del tradizionale saggio di fine anno (appuntamento al teatro Caffeina sabato 30 giugno dalle 21)

Di Antonello Ricci
La leggenda dice che certi predicatori dell’Alabama quei suonatori, in chiesa, non ce li volevano proprio: perché poi, appena fuori dalla funzione, si mettevano a suonare la musica del diavolo. Con quella là…

Certo che poi se “quella là” la prendi in mano, piccola com’è (poco più grossa d’un wafer-saiwa), dieci fori in tutto, ciascuno soffia-e-aspira, in totale venti suoni appena lungo un’unica scala tonale: altro che musica del diavolo, non le daresti un soldo di fiducia. Oltretutto, ironia della sorte, il mio pubblico, quando mi ci vede armeggiare in qualche passeggiata, sbuffandoci sopra a fatica (sia chiaro: sempre con indefesso amore) a cavarne fuori qualche assaggio di “eloquenza”, puntualmente me la ribattezza “fisarmonica”!

E invece… se te ne torni a casa e fai girare sul piatto vecchi-rigatissimi vinili e li riascolti per la milionesima volta… e a suonare sono proprio loro, quelli là, i vecchi maestri negri che se la succhiano-slinguazzano-pomiciano-baciano tutta a più non posso, mentre sensualmente l’imbracciano-abbracciano come una tenera-selvaggia amante, nella coppa delle loro grosse negre mani, allora ti sembra di aver capito tutto: senti miagolare gatti in amore, treni in corsa fischiare-sferragliare, neonati-innamorati lontani chiamarsi-sussurare dolcissimi languidi lamenti.

Ma è solo quando incontri il maestro giusto, un vero sciamano dell’armonica a bocca, che lo capisci per davvero: e se poi impari a usarla battendo la tonica in aspirato, piuttosto che in soffiato (colpendo certo con la dovuta forza, perizia e nettezza; lavorando sodo di labbra-laringe, magari di lingua, certo di diaframma), allora scopri che in certi punti dello strumento, da un solo buchetto, di suoni puoi tirarne fuori addirittura quattro. E non a caso le chiamano ghost notes, note fantasma, ci-sono-e-non-ci-sono, ché hanno un timbro, un colore-calore che nessun soffiato ortodosso potrà mai restituire alle tue orecchie e al tuo ventre. Ti rendi conto insomma che, laddove tu vedevi un puro e semplice piano inclinato bidimensionale, quell’innocuo aggeggetto è invece un wormhole di bellezza ironico-malinconiosa, una piegatura dello spazio-tempo. Avevano ragione, voglio dire, i predicatori dell’Alabama: via, sciò, andatevene fuori, c’è il diavolo là dentro…

Da due anni l’offerta culturale di Staff Music School Viterbo si è impreziosita con un corso di armonica a bocca. Cinque allievi (che certo, ahimè, impennano la media anagrafica degli aspiranti musicisti frequentanti). C’è Leo, per cominciare, il più giovane e bravo di noi, è un vero funambolico talento: certamente, come tutti i vini d’annata, deve ancora stagionare. Intemperante a volte, un po’ cavallo pazzo, ma promette bene, accipicchia se promette bene. Quando lo sciamano gli dice, con un sorrisetto stampato, che suona secondo la “new school”, non sai se lo sta lodando o se lo imbroda. Leo è un bravo ragazzo, si guadagna la pagnotta insegnando giocoleria nei corsi estivi. C’è poi Peter. Dalla capigliatura lo diresti irlandese di dieci generazioni. Invece è un polentone lumbard trapiantato a Soriano nel Cimino. Fa il veterinario. Sono già leggenda le sue altitonanti bestemmie, quando gli squilla il cellulare a lezione: a chiamare sono i padroncini dei suoi adorabili pazienti. Invocano urgenze (in genere) tutt’altro che urgenti. Da guinnes dei primati, come migliore barzelletta, la sua spiegazione di come e perché si usa (o non si usa) il collare antipulci. Suona lo strumento da dieci anni e ha già anche una certa esperienza da palco. Ed ecco, a seguire, Luca: ragazzo dai modi affabili-delicati, di grande umiltà, con lunga esperienza professionale (e sentimentale) in America del Sur nel campo sociale della cooperazione & accoglienza. Petto di bronzo e cento lingue, come Omero. Vorrei avere io quella sua arte dello Ua-uà, in cui svetta come pochi, chiudendo-aprendo in sincope la coppa delle mani. Una lunga obbligata assenza dalle lezioni lo ha condannato, per quest’anno, ai mantici di un bordone ritmico nel pezzo che stiamo allestendo per il pubblico saggio di fine anno. Per lui una maratona lunga 7′ che suona più o meno così: Uà-ppà! (Avete quindi già capito il suo soprannome.) Penultimo – ma non penultimo – Marco. Neofita assoluto dello strumento, Marco è l’apprendista modello, quello che tutti i maestri vorrebbero a bottega (un vero secchione, a tratti insopportabile). Ha fatto passi da gigante, studia e si applica come un somaro in ogni minuto utile della giornata: e quanto s’incazza, ancora oggi, quando un esercizio non gli riesce! Se fossimo su Paperissima, il bip sarebbe d’obbligo, per papere & sacramenti. Marco, per chi non lo sapesse, è proprio Marco: ardente e rigoroso antropologo di Banda del racconto, amico mio fraterno. Eh sì, eh sì… il quinto e ultimo allievo son proprio io… il più sfaticato, un vero Lucignolo-pelandrone che ripassa l’esercizio solo cinque minuti prima di entrare in classe. A dir la verità: armeggio sullo strumento da quando non avevo diciottanni, ma da autodidatta, senza il necessario costrutto. Invecchiando-impazzendo l’ho ripresa in mano e ho deciso d’impararla benin-benino. Voglio dire: studiarla sul serio. Un mio amico di tanti anni fa, qui certo chioserebbe: ai poster(ior)i l’ardua sentenza…

Ma ecco che dal corridoio s’ode una voce disquisire: – ” Armonica diatonica, che sia chiaro, una volta per tutte! Perché quella cromatica, quella col pistone, per intenderci, non c’interessa: è uno strumento ‘normale’, uno come gli altri. La diatonica, invece! La diatonica sì! La diatonica è un’altra cosa! Bisogna che glielo dimostriamo una volta per tutte, ragazzi… alla faccia di quei cretini presuntuosi che blaterano per convincerti che la diatonica sarebbe un gingillo da bambini & sprovveduti, non uno strumento vero! ALL’ATTACCO!”
Non ti puoi sbagliare, è lui che arriva. Con la sua valigetta da Fregoli, piena d’incanti e inganni da bricoleur dell’anima. Lui, il maestro dei maestri: Leno Landini, mr. Harmonica, lo sciamano di questa liturgia animista, dello stupefacente sincretismo musicale che l’armonica incarna. Il suo look: ineffabile-sornione mix tra Neil Young, Paul Bunyan e Occhio-di-Falco. Ebbene , Leno (proprio lui che di soddisfazioni, nella sua lunga e preziosa carriera, se n’è già tolte all’infinito) cova da tempo un desiderio segreto, un sogno nel cassetto: portare in scena, arrangiato per orchestra di sole armoniche, un suo vecchio cavallo di battaglia, l’arrembante Down the Rapids, ballata selvaggia, mimetica e impressionista, indiavolata d’un beat a precipizio fra rocce, foresta e schiuma di cascata, un meltin’ pot di sonorità, tra memorie celtico-rinascimentali, profondo-Nord-a-Ovest-dell’Hudson e nigger Mississippi’s sound. Un vero azzardo, datemi retta. Ma Leno ci crede. Crede fermamente in noi. Ci segue, a lezione, con pazienza inossidabile e amorevole cura. Tra puntiglio artigianale ed estro creativo (“la tecnica non basta, serve eloquenza” il suo refrain preferito). Nei momenti più difficili, di fronte agli scogli esecutivi più impervi, per ognuno di noi suoi apprendisti, Leno trova sempre il consiglio buono e il giusto incoraggiamento. Anche per questo glielo dobbiamo. Ce la faremo, Leno: together with you, down the rapids, from the mountains to the valley below… con te fino all’inferno!

* Leno Landini è un’armonica solista che accompagna sovente artisti in concerto e nei loro passaggi in studio o televisivi (Ciotti, Esposito, Dogs, Red, Johnson). Nel suo curriculum anche numerose interpretazioni per colonne sonore di film, documentari e telefilm (da I grandi cacciatori a Hawkin’s breed con Jane Fonda a Le donne non vogliono più di Pino Quartullo) in più di un caso realizzate da noti compositori italiani (Ceccarelli, Mazza). Ha inoltre frequentato per anni le sale dei più conosciuti locali dediti alla musica dal vivo (Big Mama, Alexander Platz). Ha saputo elettrificare il sound dell’armonica trasformando questo strumento in una voce protagonista. Seguita comunque a praticarne la dimensione puramente acustica come nelle esperienze del festival di Sanremo, dove ha accompagnato Marina Rei, Daniela Colace, Nino Bonocore. Ha finora inciso due CD: Howling Spirit e Broken Harp. Da quest’ultimo è tratto il brano Down the Rapids, che eseguirà in orchestra d’armoniche con gli allievi del suo corso targato Staff Music School Viterbo. Appuntamento al teatro Caffeina, sabato 30 giugno, a partire dalle 21 nel tradizionale appuntamento del saggio di fine d’anno.

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