Partenza con il freno a mano tirato per il calciomercato italiano. Potrebbe essere questo lo scenario più vicino alla realtà, in vista della prossima sessione, che, quest’anno, causa Coronavirus, dovrebbe iniziare il prossimo 1° settembre per concludersi il 5 ottobre, con deroga, nelle settimane precedenti, solo per i “contratti preliminari”.

La scorsa estate la Serie A ha fatto registrare acquisti per più di 1,17 miliardi di euro, posizionandosi dietro soltanto a Premier League (leader in Europa con 1,41 miliardi) e Liga spagnola. Lo stop forzoso del campionato ha modificato radicalmente il modello di business dei 20 club della prima divisione. Azzerati i ricavi da botteghino, rimodulati i contratti di sponsorizzazione, l’unica ancora di salvezza è il budger dei diritti tv (in totale più di 1,32 miliardi di euro). Le emittenti (con Sky in prima fila) non stanno onorando gli impegni contrattuali, nonostante il prossimo 20 giugno si torni a giocare. Mancano all’appello 233 milioni della sesta rata (stagione 2020) e senza un accordo tra le parti (i broadcaster chiedono alla Lega uno sconto del 15%-18% sul 2021) la stragrande maggioranza dei club non avrà a disposizione le risorse economiche per muoversi sul mercato in “entrata”. Il prossimo mese di luglio inoltre coinciderà con il pagamento della prima rata (bimestrale anticipata) relativa al campionato 2020/2021.

Il braccio di ferro tra Lega ed emittenti impone pertanto prudenza. Il ridimensionamento del calciomercato tricolore è uno degli scenari possibili. Si percepisce infatti forte preoccupazione tra gli addetti ai lavori. Molti club, prima di muoversi liberamente sul mercato, saranno obbligati a vendere, così come aumenteranno prestiti e scambi. Quest’ultima opportunità consentirà alle società di non svalutare i cartellini dei calciatori, continuando a generare eventuali plusvalenze.

Nell’estate 2019 solo quattro club italiani hanno presentato un saldo attivo (nel rapporto tra acquisti e cessioni): il Genoa (+1,9 milioni di euro) la Juventus (+13 milioni), l’Atalanta (+26,8 milioni) e l’Udinese (+33,8 milioni). Saldo “negativo” invece per Inter (-98,4 milioni), Milan (-75,4 milioni) e Napoli (-71,8 milioni).

Da un lato i club di A puntano a valorizzare i talenti e i calciatori di qualità presenti nelle rispettive “rose”, dall’altro a rafforzare i singoli reparti utilizzando soprattutto la leva dello “scambio”.

Se si esaminano i conti dei top club italiani e di quelli interessati all’Europa, Inter, Roma e Milan potrebbero essere costretti vendere prima di operare sul mercato in entrata. I giallorossi, così come i nerazzurri (impegnati nella cessione al PSG di Mauro Icardi per 50 milioni più 8 di bonus). dovranno anche lavorare sui “costi gestionali” (il valore complessivo degli ingaggi della Serie A è pari a 1,33 miliardi di euro).

L’Inter, quest’anno, si presenta con il terzo monte salari del campionato (132 milioni di euro), l’AS Roma è al secondo posto (180 milioni), dietro solo alla Juventus (274 milioni). Austerity anche in casa Milan (quinto per salari con 102,2 milioni), che dovrà rivoluzionare squadra e dirigenza in vista della prossima stagione. Discorso a parte per l’Atalanta.

Nel 2019 ha presentato un fatturato consolidato di 188,6 milioni (+21% rispetto alla stagione precedente) e un utile di 26,4 milioni di euro (per il terzo anno consecutivo).

I campioni d’Italia della Juventus infine difficilmente spenderanno 188,5 milioni di euro (come nell’estate 2019), nella prossima sessione di calciomercato, ma sono già al lavoro per rafforzarsi in diversi reparti, potendo contare sulla solidità finanziaria di Exor N.V. (holding olandese controllata dalla famiglia Agnelli).

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