Guelfi Firenze
Guelfi Firenze

C’è chi dice no e noi vogliamo essere fra di loro! Nella nostra comunità si sta diffondendo una malattia ripugnante come il razzismo che, di riflesso, sta ammorbando sempre di più anche il settore dello sport.

Quanto accaduto la scorsa domenica nella partita di Serie A fra Hellas Verona e Brescia è solo l’ultimo sintomo manifesto, in ordine cronologico, di un sentimento di odio che non ci appartiene e che vogliamo combattere nel nostro piccolo e nella quotidianità delle azioni di questa società.

In un ventennio di attività sportiva non siamo mai stati coinvolti in casi di razzismo e, anzi, ci sentiamo un baluardo toscano nella lotta a tale piaga. Difatti gli Estra Guelfi Firenze sono da sempre composti da un gruppo eterogeneo di persone e nella nostra squadra militano, hanno militato e militeranno ragazzi e uomini originari dei più disparati angoli del nostro pianeta, basti pensare a Quelly Sousa e Gianluigi Araujo, capoverdiani cresciuti a lampredotto, o a Luca e Paolo Zheng, così come al cubano Dayan Almeida Cabrera. Una lista che si allungherebbe a dismisura se menzionassimo tutte le persone che hanno arricchito il senior team, il settore giovanile ed il nostro staff con la loro apprezzata multiculturalità che ha donato a tutti noi nuovi punti di vista e riflessioni ideali per una crescita personale.

Un crogiuolo di etnie che al “Guelfi Sport Center”, indossando una maglia viola che regala a chi la indossa non solo gioie e dolori sportivi ma anche profondi valori come la fratellanza ed il rispetto reciproco, ha dato vita ad una famiglia affiatata che si ergerà sempre a protezione dei propri membri con l’intento di placcare il razzismo.

Quelly Sousa: “Quando fai parte di una squadra e sei integrato al 100% non pensi più alla tua provenienza o al colore della pelle, pensi solo a fare del tuo meglio per essere di aiuto al tuo gruppo! Questo però accade solo grazie agli splendidi compagni che ho trovato in questa squadra che mi hanno fatto sentire uno di loro!“;

Luca Zheng: “Essendo la mia prima esperienza sportiva non mi sarei mai aspettato un’accoglienza e un’inclusività tali. Per me è stato naturale sentirsi ed essere considerato parte della famiglia“.

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