Con orgoglio e con coscienza. L’atletica in Lombardia torna a respirare: i campi si ripopolano, gli atleti scoprono nuovi accorgimenti da adottare in allenamento ma ritrovano la loro passione tradotta nel suo alveo naturale. Sempre con distanziamento sociale: due metri che non sanno di paura ma della consapevolezza della tragedia vissuta dalla regione e del rispetto ancora da portare verso un nemico invisibile ma ancora presente.
Sono passati poco più di 100 giorni, ma sembra ormai una vita, da quel 21 febbraio in cui venne resa pubblica la prima positività italiana al Sars-CoV-2: accadde a Codogno, frenando ma non cancellando il sogno di tornare a correre su una pista di una città da 16mila abitanti in provincia di Lodi (Codogno avrebbe dovuto vivere il 9 maggio l’inaugurazione di un nuovo manto gommoso per l’atletica leggera: appuntamento rinviato). A Castiglione d’Adda risiede un campione italiano cadetti in carica. Daniele Cighetti, tesserato per la Nuova Atletica Fanfulla Lodigiana, ha vinto nel 2019 a Forlì nel giavellotto, e il 26 maggio è tornato a calcare una pedana, quella del campo di atletica Egidio Capra di Lodi. “Tornare a impugnare il giavellotto su una pista è stata un’emozione forte – testimonia il lanciatore, 15 anni – un momento a suo modo unico, quasi quanto vincere un titolo italiano”. La pedana diventa Eldorado ritrovato: “Mi sono allenato a casa mantenendo gli stessi giorni di allenamento tradizionali, ma la sensazione che trasmette la pista è quasi indescrivibile”.
Un prezzo altissimo l’ha pagato la Bergamasca, l’area più duramente colpita d’Europa: il coronavirus ha strappato all’affetto dei loro cari anche due presidenti di società, Gian Battista Locatelli (Atletica Curno) e Angelo Possessi (Unione Sportiva Rogno). Il segnale della terribile epidemia è stato udito nitidamente anche dal campo Francesco Putti di Bergamo. “La tragedia che abbiamo vissuto è difficile da immaginare per chi non risiede qui”: le parole di Achille Ventura, presidente della Bergamo 1959 Oriocenter, sono eloquenti quasi quanto la scelta del silenzio di Monica Roncalli, atleta orobica quarta ai Campionati Italiani Promesse 2019 sui 400 ostacoli che in questi mesi ha lavorato come infermiera al pronto soccorso dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, uno dei simboli della tragedia.