Notti magiche, inseguendo un gol sotto il cielo di un’estate italiana. Le ricordiamo tutti le parole della versione italiana dell’inno ufficiale del Mondiale di calcio del 1990 a firma Gianna Nannini ed Edoardo Bennato.

Mondiale che gli azzurri giocarono in casa tra mille speranze e sogni di gloria ma che finì con le lacrime per l’eliminazione dell’Italia ai rigori in semifinale contro l’Argentina.
Ora, a distanza di trentuno anni, e con alle porte l’Europeo la cui prima fase la Nazionale giocherà proprio in quello stadio Olimpico di Roma teatro di quasi tutta la cavalcata azzurra in quell’esaltante ancorché triste estate italiana, il giornalista e blogger Valerio Di Marco ripercorre la manifestazione nel suo libro intitolato Italia ’90. Sogni sotto il cielo di un’estate, edito da Ultra Sport.

E noi, in occasione dell’arrivo del volume nelle librerie, acquistabile anche sulle principali piattaforme di e-commerce, lo abbiamo ha intervistato.

Italia ’90 fu una pagine triste per il calcio italiano. Perché hai sentito il bisogno di farla rivivere?
Fu una pagina triste ma il clima di quei giorni non l’abbiamo dimenticato. Alla fine sono le belle sensazioni a restare, al di là della delusione. Tutta Italia, non solo quella calcistica ma anche i non appassionati di questo sport, si unì nel tifo per gli azzurri in una maniera sana, sincera, quasi ingenua.

C’erano passione, elettricità e speranza nell’aria, sentimenti che il calcio moderno di oggi, comandato dalle TV e che smuove interessi miliardari, non è quasi più in grado di suscitare.

Non che allora il calcio non fosse già uno spettacolo globale ma era tutto in scala minore rispetto a oggi, eravamo alla vigilia dell’entrata delle televisioni a pagamento nel calcio e di lì a poco sarebbe cambiato tutto. Fu il primo Mondiale degli anni Novanta ma aveva ancora quel sapore romantico del calcio degli anni Ottanta.

Come lo ricordi quel Mondiale?
Avevo dodici anni e fu il primo che vissi da appassionato e di cui ho un ricordo vivido. Fu un torneo atipico, una festa del calcio tenutasi nel Paese che in quegli anni era considerato unanimemente la patria del pallone, con le squadre di club dominatrici in Europa e i fuoriclasse del globo che bramavano tutti la Serie A.

Italia ’90 fu il luogo di ritrovo di tantissimi protagonisti del nostro campionato che, smesse le maglie delle loro squadre di club e infilate quelle delle loro rappresentative nazionali, si diedero battaglia per contendersi la Coppa del Mondo in quegli stessi stadi dov’erano protagonisti ogni domenica.

Com’è nata l’idea di scrivere questo libro?
Ho iniziato a scriverlo quasi per caso l’anno scorso, durante il primo lockdown. Dovendo, come tutti, stare chiuso in casa con parecchio tempo a disposizione, decisi di fare un tuffo nel passato e andarmi a rileggere tutti i ritagli di giornale dell’epoca e il materiale cartaceo di varia natura da me conservato, oltre a riguardarmi le vecchie cassette che da anni stavano lì a prendere polvere nello sgabuzzino.

E più leggevo e guardavo, più mi rendevo conto che ero stato fortunato a conservare quei documenti perché in internet girano davvero pochissime testimonianze su Italia ’90, e si tratta perlopiù di filmati di pessima qualità caricati su YouTube o articoli di stampa che rievocano le partite più importanti.

Così ho pensato che potevo dare un senso alla mia collezione e riscrivere una cronaca giorno per giorno di tutte le partite del Mondiale, con un’ampia introduzione a contestualizzare il torneo, sintesi snella di ogni match e focus sulle gare di cartello, oltre che su quelle dell’Italia. Uno scritto senza particolari pretese, orientato ai calciofili ma che magari – chissà potrebbe piacere anche a chi il calcio non lo segue.

Si sente spesso rimpiangere il passato e il mondo dell’editoria è pieno di libri che raccontano il pallone dei tempi andati. Cosa pensi di aver aggiunto con il tuo libro?
E’ vero, il filone è parecchio battuto, eppure i ritmi imposti dalla pedata odierna sembrano sempre non lasciare abbastanza spazio ai ricordi. Sì, ok, bella la nostalgia però incombe sempre una nuova giornata di campionato o un nuovo turno di coppe, per cui – calcisticamente parlando – siamo sempre sintonizzati sull’attualità.

L’ideale sarebbe un annetto di stop dei campionati per poterci disintossicare e magari recuperare il passato, ma mi rendo conto che è un’utopia. Va da sé che questo genere di letture interessi più che altro una nicchia di persone, chiamiamoli nostalgici e sognatori, però non dimentichiamo che se il calcio è lo sport più amato è perché molti ci hanno trovato dentro la poesia. E non vorrei che trattandolo troppo come un business, alla lunga il giocattolo si possa rompere.

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