“Il museo lo voleva fortemente Pietro, perché diceva che dalle cose buone possono nascere cose migliori”.
Queste le parole pronunciate da Manuela Olivieri, moglie di Pietro Mennea e presidente della Fondazione Pietro Mennea Onlus, dopo essere stata contattata da Vignaclarablog.it per parlare del progetto annunciato lo scorso marzo, a dieci anni dalla scomparsa del campione olimpico dei 200 metri piani a Mosca 1980: la realizzazione di uno spazio a lui dedicato all’interno dello Stadio dei Marmi.
Tra circa un anno il sogno del velocista, soprannominato “La Freccia del Sud”, potrebbe diventare finalmente realtà grazie alla Fondazione Pietro Mennea Onlus, a Sport e Salute S.p.A. e all’attuale ministro dello Sport, Andrea Abodi, che quando ancora non ricopriva questo incarico, aveva costituito con Manuela Olivieri e con l’ex presidente della Fidal, una chat su Whatsapp denominata “Il museo di Pietro”.
E per comprendere qual è il vero significato e la reale importanza del Museo Pietro Mennea è sufficiente ascoltare le parole di sua moglie, Manuela Olivieri: “Il museo è importante per trasmettere, soprattutto ai più giovani, i valori che sono serviti a Pietro nella carriera e nella vita”.
Mennea: le Olimpiadi di Mosca, le quattro lauree e il record
Ma chi era Pietro Mennea? Una domanda probabilmente retorica, del resto è quasi impossibile non saperlo e non averlo mai sentito nominare. Come è difficile non aver mai ascoltato quel modo di dire tanto diffuso tra gli Anni ’70 e ’80: “Ma chi sei, Mennea?”. Cerchiamo però di ricordare attraverso poche righe questo grande campione azzurro, che ha contribuito a scrivere la storia dello sport.
Pietro Mennea nasce a Barletta nel 1952, inizia la sua carriera agonistica a fine anni Sessanta e nei primi anni Settanta parte la sua carriera internazionale. La sua prima Olimpiade è quella di Monaco 1972. Nel 1976 è poi la volta delle Olimpiadi di Montreal e nel 1980 l’indimenticabile partecipazione ai Giochi Olimpici di Mosca, dove conquista l’oro nei 200 metri piani, registrando 20″19. Partecipa poi alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984 e alle Olimpiadi di Seul nel 1988.
Mennea, che – oltre a diventare un vero e proprio mito nello sport – ha conseguito quattro lauree e ha esercitato le professioni di avvocato e commercialista, è ancora oggi detentore del record europeo nei 200 metri piani (19″72, Universiadi di Città del Messico, 1979).
Manuela Olivieri Mennea, “Il Museo è il sogno di Pietro”
Lo scorso marzo, a dieci anni dalla scomparsa di Pietro Mennea, è stata annunciata la realizzazione del Museo all’interno dello Stadio dei Marmi a lui intitolato. Che significato ha questo progetto?
“Il museo lo voleva fortemente Pietro, perché diceva che dalle cose buone possono nascere cose migliori. Il museo, tra l’altro, è nelle finalità della Fondazione che è stata costituita da lui stesso nel 2006. È una cosa per la quale poi io ho lottato con la volontà di averlo e di averlo nella sede giusta.
Ci tenevo e ci tengo molto, non soltanto per le finalità che intende avere, ma proprio perché era il sogno di Pietro. Lo voleva perché lui diceva che un campione ha una responsabilità sociale, in quanto viene preso come esempio dai ragazzi, si deve quindi comportare eticamente in maniera irreprensibile. Questi valori devono essere trasmessi.
Tengo moltissimo al fatto che il museo non sia celebrativo, ma formativo. L’obiettivo è che i ragazzi che lo visitano, una volta usciti, sentano il desiderio di essere come Pietro Mennea non per quello che ha fatto nello sport, ma per quello che ha fatto nella vita. Pietro aveva quattro lauree, era avvocato, dottore commercialista, era impegnato nel sociale. Tutto questo deve essere trasmesso”.
Chi pensa possano essere i principali fruitori del museo e perché?
“Il museo dovrà interessare soprattutto i ragazzi che non hanno mai conosciuto Pietro Mennea, se non attraverso i racconti. È proprio indirizzato ai più giovani, per dare loro modo di comprendere l’importanza della sconfitta, che è un’esperienza importantissima.
Al giorno d’oggi, i ragazzi sono estremamente fragili, quando si trovano davanti a un ostacolo si demoralizzano facilmente. Pietro invece diceva che se lui non avesse subito determinate sconfitte, forse non avrebbe ottenuto i risultati che ha ottenuto. Diceva ai ragazzi: ‘Quando incontrerete qualcuno che vi dirà di non aver mai subito sconfitte chiedetegli subito cosa ha fatto nella vita e vi risponderà ‘niente’, perché solo chi ha subito sconfitte ottiene qualcosa nella vita’.
Questo è un messaggio importante per i ragazzi, che non si devono demoralizzare se non ottengono qualcosa, perché è anche bello raggiungere le cose con qualche difficoltà, superando qualche ostacolo ed essendo fieri di quello che si fa. E il primo ostacolo è meglio trovarlo quando si è giovani, perché quando si è grandi e si è cresciuti pensando che sia tutto semplice non si sanno affrontare le difficoltà. Faticare per ottenere qualcosa è importante, dà molta più soddisfazione nel momento in cui si raggiunge l’obiettivo”.
Come si svilupperà il museo?
“Il museo dovrà essere interattivo, dinamico. Ci piacerebbe realizzarlo, ad esempio, facendo in modo che magari lo stesso Pietro possa essere presente con una voce che accompagni i visitatori. All’interno, ci piacerebbe realizzare una pista con materiale riciclato in modo tale che si possa anche correre con lui.
Nel progetto iniziale, scritto proprio da Pietro, lui parlava addirittura di biblioteca-museo, perché per lui i libri erano un tesoro, qualcosa di fondamentale. Certamente,
il museo dovrà essere anche un centro studi. Metterò a disposizione, scannerizzandole, le agende in cui Pietro annotava tutti i suoi allenamenti con tutte le sue considerazioni. Il Museo Pietro Mennea dovrà raccogliere tutto ciò che lo riguarda, dai ritagli di giornali alle agende, passando per i filmati. Questo permetterà anche di studiare. Dobbiamo ricordare che ad oggi il record d’Europa dei 200 metri di Pietro Mennea non è stato ancora superato”.
Perché è importante la realizzazione di questo museo dedicato a un campione come Pietro Mennea?
“Pietro diceva che non è importante essere campioni del mondo e vincere un’Olimpiade, ma che è importante vincere nella vita. Intendeva lo sport come strumento. Tutto quello che ha fatto dopo la sua carriera sportiva lo ha potuto fare grazie al modo in cui ha interpretato lo sport quando era un agonista. Il museo è importante proprio per trasmettere questo messaggio, per trasmettere i valori di Pietro Mennea, per far capire quanto gli siano serviti, nella sua carriera e nella sua vita.
Pietro Mennea ha smesso di correre nel 1988 ed è scomparso dieci anni fa, ma è ancora nel cuore della gente. Io vedo tanto entusiasmo e sento ancora tantissimo affetto per Pietro, questo mi dà la motivazione e lo stimolo per continuare a cercare di realizzare i suoi sogni”.
Stefania Giudice