Antonio Urso
Antonio Urso

Antonio Urso, presidente della Federazione Italiana nonché della Federazione Europea di Pesistica, è in corsa per le elezioni alla Presidenza Internazionale dell’IWF. Il 29 maggio se la vedrà con l’attuale Presidente Tamás Aján, prima segretario generale e poi presidente IWF dal lontano 1976, oltre che con l’ex campione olimpico rumeno Nicu Vlad.

Vaccinato dall’accaduto di quattro anni fa quando fu abbandonato e battuto per 13 voti, Urso è tornato alla carica con un unico obiettivo: bonificare il mondo della pesistica, in tutte le accezioni con cui questo termine può essere usato. “Durante il percorso della campagna elettorale – dice il n°1 della FIPE – abbiamo combattuto contro delle persone il cui senso etico è davvero discutibile; basti pensare che suocero e genero sono candidati uno alla Presidenza e uno alla Segreteria Generale dell’IWF, il che la dice lunga in termini etici. Non solo: hanno fatto una campagna elettorale spendendo i soldi della Federazione Internazionale, mentre io non ho toccato né i soldi della Federazione Europea né tanto meno di quella italiana”. Quanto denunciato da Antonio Urso non è che la punta dell’iceberg di una situazione con profonde radici: “Questa è la chiara conseguenza di una non-cultura che regna ormai da anni nell’IWF, impostata da chi non ha nessun interesse a che questo status possa cambiare, perché dopo oltre 40 anni probabilmente anche io non avrei niente da dire. E’ fisiologico che se una persona intende dare il massimo lo può fare in un tempo limitato, non è di certo possibile darlo in 40 anni. Senza contare poi che non è una cultura né meritocratica né tanto meno democratica”.

Avversario principale di Tamás Aján, Antonio Urso spiega le ragioni che lo hanno portato a candidarsi alla presidenza IWF: “Lo faccio perché in questo momento il modello italiano ed europeo di governance della pesistica è l’unico in grado di portare novità e innovazioni ad un mondo che è letteralmente arrivato ad un bivio: continuare in questa maniera, quindi uscire completamente fuori da ogni dinamica che lo sport moderno richiede, oppure cominciare a fare un processo di evoluzione. Un’evoluzione che nel mio programma definisco “integrata”, perché non si possono fare progetti separati senza che ciascuno di essi interagisca o si integri con un altro, perché significherebbe avere una visione parziale del problema. Il vero dramma di questa situazione è proprio la visione parziale, per non dire soggettiva se non addirittura clientelare, del problema”.

Antonio Urso torna a parlare del problema culturale che attanaglia la pesistica internazionale: “In Europa siamo riusciti a far capire che questo sport non può essere appannaggio di persone che non hanno interesse se non quello privato. La pesistica è uno sport di tutti e per tutti, è l’unico sport che include chiunque, se sei basso o sei alto, se sei giovane o se hai 80 anni, se sei magro o sei grasso; queste caratteristiche non possono di certo essere annientate da un gruppo di potere che non ha interesse che questo sport possa progredire”.
I tempi stringono e, in caso di elezione, Urso dovrà subito ‘rimboccarsi le maniche’: “Non credo avrò necessità del solito anno di rodaggio per capire dove andare; il mio modello è già collaudato, lo porterò avanti con determinazione sin dall’inizio e forse con migliori condizioni rispetto a come si sta lavorando adesso, per avere la possibilità di trasformare le spese in profitti. Di fondamentale importanza sarà il mio team, perché tutte le persone di cui mi circonderò devono condividere, sposare e portare avanti la mia stessa filosofia”.

Una filosofia che vede certamente nel doping un nemico da sconfiggere ma che è solo la conseguenza di un problema più grande: “Il doping non è il problema principale ma è il frutto di una non-cultura che impera nell’ambiente. La prima cosa da fare è senza dubbio un radicale cambio della Costituzione, da cui verrà tutto il resto. Bisognerà per esempio modificare l’aspetto della partecipazione alla vita della Federazione Internazionale, per chi contribuisce (in tutti gli aspetti e tutti i ruoli) all’evoluzione di questo sport: tutto deve basarsi sulla meritocrazia. Venendo quindi al doping, siamo riusciti ad eliminare in stragrande maggioranza i casi in Italia e in Europa semplicemente investendo (e non abbiamo di certo potuto investire quello che sarebbe in grado di investire una Federazione Internazionale) in cultura. Il che significa far capire alla gente, e soprattutto agli allenatori che hanno una responsabilità non indifferente in termini etici e legali, che ci sono differenti strade per raggiungere un risultato. Bisogna fare istruzione. Si tratta quindi di far capire che si possono raggiungere risultati, e anche medaglie, attraverso la pulizia di questo sport, attraverso il non uso di droghe. Un esempio straordinario in questo senso viene dai campionati europei degli ultimi anni dove mediamente i medagliati che salgono sul podio rappresentano 5/6 Nazioni. Questo significa che i risultati si sono abbassati e che tutti hanno pari opportunità. Questo rappresenta uno straordinario volano per la pesistica perché si innesca un circolo virtuoso; i ragazzi che tornano a casa con una medaglia europea al collo fanno solitamente una conferenza stampa, i loro comitati olimpici li aiutano perché vincono una medaglia e questo diventa un incentivo incredibile per questo sport. Questo ovviamente è una situazione che non si verifica quando sul podio salgono sempre le note Nazioni”.

Il doping è senza dubbio uno dei pilastri del programma di Antonio Urso che però tiene a specificare: “Il doping fa parte della stessa famiglia dei tentativi di corruzione, della cui presenza in campagna elettorale abbiamo purtroppo certezza. Entrambe, come abbiamo detto, fanno parte della non-cultura, per cui se devo agire su una leva per risolvere un problema quella più importante è senza dubbio quella della cultura perché tutto il resto non è altro che una conseguenza. Sono convinto che ancora oggi la pesistica, nonostante sia stata dilaniata da una ‘no governance’, sia uno sport con tantissime potenzialità. Per ‘No governance’ intendo, per esempio, il fatto che sia assurdo che ipoteticamente questa Federazione abbia 37 milioni in banca; noi non siamo una compagnia, non facciamo profitti, mentre questa impostazione è tipica di una compagnia che tenta di fare questo. Il CIO obbliga le Federazioni Internazionali a investire i soldi dei diritti televisivi per lo sviluppo della disciplina. Per cui abbiamo 37 milioni in banca e Nazioni che non hanno la capacità o la possibilità di sviluppare la pesistica, quindi una ‘No governance’. Un altro esempio lampante di ‘No Governance’ è questo: io faccio una fatica immane a pensare come un Presidente di una Federazione Internazionale nonché membro onorario del CIO, ancora oggi scriva a mano licenze per gli arbitri, incassi i soldi delle stesse in cash vendendo poi le cravatte della Federazione internazionale agli arbitri. Neanche ai tempi della pietra”.

Oltre che Tamás Aján, Antonio Urso se la vedrà anche con Nicu Vlad: “E’ umano avere l’ambizione di candidarsi a dirigere una Federazione Internazionale ma credo che un candidato debba in primis dimostrare credibilità. La domanda che mi faccio è: ‘come fa un candidato a parlare di lotta al doping quando nella sua Nazione dal 2006 ad oggi ci sono stati 18 casi di positività?’. Io ho rispetto per tutti ma quando si ambisce a qualcosa bisogna avere le caratteristiche per poterlo fare e secondo me se non è riuscito a portare risultati in casa sua non credo sia credibile a livello internazionale da questo punto di vista”.

La presenza della pesistica ai Giochi è a grosso rischio a causa del doping ma Antonio Urso ha una risposta anche su questo punto: “Noi dobbiamo essere capaci di dimostrare al CIO che possiamo farcela, che ci sarà un nuovo gruppo di lavoro fatto da gente che ha idee e modi di organizzare la pesistica completamente nuovi. Dobbiamo farlo attraverso un planning, che è già pronto e tramite cui dimostreremo in maniera inequivocabile nell’arco di due anni che saremo nelle condizioni di avere completamente cambiato rotta. Curioso invece che nel programma elettorale presentato dal presidente uscente invece non si faccia assolutamente nessuna citazione del problema doping quasi come se questo problema non dipendesse da lui o fosse una questione avulsa da questa Federazione”.

Urso invece ha le idee molto chiare su quello che è stato e quello che sarà: “Il doping sarà completamente gestito dalla WADA in maniera del tutto avulsa dalla Federazione. Io non voglio avere la responsabilità del doping, ma voglio che in maniera oggettiva e in maniera selettiva vengano fatti i controlli. Discuteremo con la WADA su quali saranno le strategia migliori ma poi l’agenzia farà quello che riterrà più opportuno”.

Stanchezza a parte lo stato d’animo di Antonio Urso è molto sereno in vista del 29 maggio: “Sono assolutamente tranquillo per questa elezione, non ho l’ansia di vincere e nemmeno la paura di perdere. So che se vinciamo ci aspettano quattro anni di lavoro forzato mentre se perdiamo non perdo io ma perde la pesistica, perché dopo quello che è stato fatto quello che dobbiamo dimostrare è altro. Io sono abituato che le elezioni le vinco quando l’ultima scheda mi ha dato la maggioranza: conosco questo ambiente e non mi aspetto certezze ora, mi aspetto che la gente possa comprendere che questo è l’unico momento per fare cambiamenti, perché fra 4 anni potrebbe essere non tardi ma tardissimo”.

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