9 maggio, la commemorazione della morte di Aldo Moro,
9 maggio, la commemorazione della morte di Aldo Moro,

di Alessandro Tozzi

Altri 165 minuti in salsa anni ’70 chiudono Esterno Notte, e compongono un affresco notevolissimo di una storia mai del tutto chiusa, visto che ad oggi ancora ci interroghiamo sui veri mandanti del rapimento e dell’omicidio.
L’unica certezza è che alla fine Aldo Moro muore, come nella foto che sembra un dipinto rinascimentale, Bellocchio ha resistito alla tentazione di cambiare la storia con un colpo di genio alla Tarantino, anche se per un minuto fa rivivere Moro, ma solo per accusare i suoi vecchi amici.

Questi tre capitoli della saga partono con Adriana Faranda, proseguono con Eleonora Moro e si chiudono con la morte del politico, dopo la sua confessione a un prete portato dai brigatisti nell’ultimo rifugio, 5 minuti di grande cinema, con Moro che dice al prete di odiare per la prima volta in vita sua, ma non i brigatisti, che comunque rispetta, bensì i suoi vecchi amici di partito.

Bellocchio invece accusa tutti indistintamente, brigatisti e politici, per la sua morte, e lo fa anche con le parole della Faranda e di Morucci, che erano contrari alla sua esecuzione, che avrebbe avuto l’unico effetto di tagliare tutti i ponti al Movimento, cosa che poi avvenne, ed anzi, alcuni degli stessi rivoluzionari erano convinti che sarebbe stato più utile alla loro causa un Moro cavallo pazzo ed incazzato con i suoi vecchi amici democristiani, che la sua morte per elevarlo a santino.

Eleonora Moro, interpretata da una Buy invecchiata e incattivita un po’ con tutti, persino col marito prima che succedesse il fattaccio, è uno degli altri personaggi centrali del film, che gira a vuoto fra gli abbracci e le promesse dei politici di turno senza sapere a chi rivolgersi seriamente per provare a salvare il marito.
Il Divo Andreotti è quello che ne esce peggio, anche se nella seconda parte praticamente non compare mai; Cossiga viene descritto come una sorta di malato di mente alle prese con una situazione familiare disastrosa; Zaccagnini come un debole vaso di coccio fra i vasi di ferro; Leone è una comparsa, gli altri politici, come Fanfani, non compaiono nemmeno come pedine di secondo piano.
Il dramma umano di Moro, quello si, è in primo piano, insieme al dramma dei principali protagonisti: sua moglie, Cossiga, la Faranda orfana del grande sogno di cambiare il mondo, il Papa che non riesce a salvare il suo amico e pochi mesi dopo lo raggiunge nell’aldilà.
Bellocchio ci consegna un’Italia ai confini del bianco e nero adulta ma confusa, vibrante ma stonata, coinvolta ma inerme di fronte al disastro.

Oggi probabilmente un gruppo eversivo non saprebbe quale politico rapire in Italia per iniziare la rivoluzione, mi immagino che se rapissero Salvini o Letta quelli della Lega e del Pd direbbero vi paghiamo per tenervelo: se pensiamo che 4 anni fa il Movimento 5 stelle aveva il 40% dei voti ed oggi è ai minimi termini, ne esce un quadro di un paese politicamente stabile come l’umore di Vittorio Sgarbi.
Forse i brigatisti hanno vinto, certamente hanno perso gli italiani, sarebbe stato interessante un’opera visionaria con Moro Presidente della Repubblica al posto del partigiano Pertini, per sapere che strada avremmo preso, se sarebbe stata diversa, una Sliding Moro all’italiana che lasciamo al maestro Bellocchio per il prossimo affresco di un’epoca che non è la nostra, ma è proprio come se lo fosse.

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