La redazione ha intervistato Nicola Legrottaglie, ex difensore, tra le tante, di Juventus, Catania, Chievo Verona, Modena, Milan. L’ex calciatore pugliese ha affrontato con noi alcuni temi, come quello relativo al calciatore dell’Inter Eriksen, spesso escluso dai piani di Antonio Conte, quello del “nuovo Milan” di Pioli e della Juventus di Andrea Pirlo che, soprattutto dopo lo scorso match di Champions League contro il Barcellona, ha dimostrato tutta la sua solidità. Legrottaglie ha anche ripercorso alcune tappe fondamentali della sua carriera, come l’esordio in Serie A con il Chievo Verona nel 2001, la travagliata esperienza da difensore della Juventus nel 2003-2004 e nel 2006-2007 e con la maglia del Catania, occasione arrivata in un momento in cui Nicola voleva lasciare il calcio. Infine, il nostro ospite ci ha raccontato di come la fede ha cambiato la sua visione della vita.
Esordisci in Serie A con la maglia del Chievo Verona, nell’estate 2001. Il tuo ottimo rendimento ti permette di ricevere la convocazione in Nazionale. Che cosa ha significato per te l’esperienza a Verona?
Verona è una tappa fondamentale del mio percorso, perché mi ha dato le basi per affacciarmi al grande calcio. Io venivo dal Modena, dopo un ottimo campionato disputato in Serie C. Poi il Chievo, padrone del mio cartellino, mi ha riportato nella massima serie. Inizialmente volevo restare a Modena, non volevo tornare. Tuttavia, dopo i primi mesi, un po’ complicati, da febbraio la situazione cambiò: iniziai a giocare titolare e a guadagnarmi credibilità agli occhi della Serie A. Così, dopo la prima volta in cui sono stato schierato titolare, non sono più uscito dal campo. Il Chievo mi ha portato nel “grande calcio”, dandomi la possibilità di mettere in mostra le mie capacità. La mia convocazione in Nazionale è stata una conseguenza delle scelte e della fiducia che il Chievo ha riposto in me. E’ stata un’esperienza fondamentale per me quella con i clivensi.
Nel 2003-2004 diventi un giocatore della Juventus. Con i bianconeri, vinci una Supercoppa nel 2003 e uno scudetto di serie B nell’annata 2006-2007. Che anni sono stati? Hai dei rimpianti relativi al periodo in cui giocavi con la Vecchia Signora?
Sono arrivato alla Juventus con tante luci puntate addosso. Ero uno dei difensori emergenti del momento ed ero molto ambìto dalle big nel calciomercato. Quando sono stato acquistato dai bianconeri, ho iniziato benissimo i primi tre mesi, che tuttavia sono stati compromessi da problemi fisici importanti subentrati successivamente. Non sono più riuscito a esprimermi al massimo delle mie potenzialità, e questo mi ha penalizzato enormemente: quando la Juventus giocava male ero sulla bocca di tutti. Sono stato preso di mira, come molti dei nuovi acquisti. Sono stati dei mesi complicati per me, poiché ho iniziato a vivere e sentire il peso della grande squadra. Il secondo anno ho cercato di invertire la rotta, sotto la guida di Capello. Ero partito anche abbastanza bene, ma la Juventus decise di comprare Cannavaro. Da quel momento, capii che nel Bologna avrei trovato più spazio. Dopo la parentesi con i rossoblù, tornai alla Juventus e la aiutai a ricostruirsi.
Con il Catania hai realizzato 8 gol e totalizzato 80 presenze. Cosa ricordi di quegli anni in rossazzurro?
Catania è un’altra tappa bellissima della mia vita. E’ stata una sfida per me, dal momento che in quel periodo stavo pensando di appendere le scarpette al chiodo. Quando è arrivata la proposta del Catania, ci ho prima pensato un po’, e poi mi sono detto: “Sì, me la vado a giocare, mi rimetto in discussione”. Credo sia stata la scelta giusta, dal momento che ho vissuto tre anni stupendi. Mi sono ambientato benissimo e fin da subito, la città mi ha sempre sostenuto e voluto bene. Abbiamo raggiunto tanti record, come per esempio l’ottavo posto in classifica nel 2013. I tifosi del Catania si ricordano ancora oggi di quelle partite e di questi traguardi. Sono molto a questa piazza.
Hai scritto diversi libri sulla fede e sul tuo rapporto con essa. Ci sono state delle scelte di vita condizionate dal tuo credo?
In tanti erano incuriositi da alcune mie dichiarazioni e dal mio cambiamento nello stile di vita. Questo mi ha portato ad aprirmi, poiché non ci vedevo nulla di male nel farlo e perché condividere la mia esperienza sarebbe potuto servire agli altri. Effettivamente, il mio primo libro ha avuto un grande successo, la gente lo legge tutt’ora. In queste pagine, ho raccontato la mia esperienza di fede, intesa come “relazione” e non come “religione”. Personalmente, ho legato tantissimo con la figura di Gesù, che oggi rappresenta il mio modello di vita. Studiando, ho appreso cose di cui non ero a conoscenza, e hodeciso di seguire i princìpi di Gesù Cristo, che ti portano ad avere una vita abbondante. Tutto questo mi ha portato a fare determinate scelte di vita, che sono state anche molto criticate. Tuttavia, io sono sereno e convinto di ciò che faccio.
Da ex difensore dei bianconeri, come definiresti la Juventus di Andrea Pirlo? La vittoria nello scorso match di Champions League contro il Barcellona è un segnale di possibile conquista del titolo oppure sono ormai altri i club con i quali misurarsi?
No, credo che la competizione sarà aperta fino alla fine. La Juventus ha tutte le caratteristiche di una squadra che può arrivare fino in fondo, poiché contro il Barcellona ha dimostrato di essere molto solida con determinati giocatori in campo. Credo che, dopo la partita, Pirlo abbia notato che con quella struttura di gioco e con la presenza in campo di alcuni calciatori si è molto più solidi e concreti. Penso che sia quella la linea da seguire per arrivare fino in fondo. All’inizio, Pirlo ha provato un calcio un po’ più offensivo e spregiudicato, che non ha dato i frutti sperati. Con il tempo, facendo esperienza, credo che Andrea riuscirà a conoscere sempre meglio e avere la visione completa di questa squadra. E’ la sua prima esperienza da allenatore, in un club importante come la Juventus: secondo me, Pirlo sta facendo bene.
Si parla molto, in casa Inter e non solo, della “faccenda Eriksen”. Secondo te, perché il danese non ha trovato spazio nella squadra nerazzurra?
Non ha trovato spazio perché, probabilmente, Eriksen non soddisfa quello che l’allenatore richiede, come tanti altri giocatori che non vengono schierati in campo. Si parla solo di lui perché è stato acquistato a parametro 0 oppure perché si avevano grandi aspettative sul suo talento. Non è colpa soltanto dell’allenatore: a volte, è anche il calciatore che non riesce a mettere in difficoltà l’allenatore con le sue prestazioni. Adesso Conte opta per un calcio diverso da quello che sarebbe un calcio con Eriksen, altrimenti il danese avrebbe trovato certamente più spazio. Tuttavia, bisogna rispettare le scelte del tecnico. E’ giusto che Conte faccia le sue scelte e che risponda di esse.
Questo Milan ti sembra ancora molto “Ibra-dipendente” oppure possiede una sua fisionomia anche senza lo svedese?
No, non credo sia un Milan “Ibra-dipendente”. Credo che Pioli abbia un grandissimo merito nell’aver creato il contesto che c’è oggi a Milanello. Pioli aveva già le sue idee, Ibrahimovic ha aggiunto ad esse una precisa mentalità che ha aiutato i rossoneri a raggiungere lo stato di forma che vediamo.
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