Di Antonello Ricci
Come Peter Pan. Gridavano al mondo che la vita sarebbe stata un’avventura meravigliosa. Presto invece il mondo avrebbe insegnato loro che tutti – tutti – della vita siamo i servitori. Ora tristi ora lieti.
Erano ragazzi della via Pál nati per “caso” a Viterbo: nel volger di poco tempo, per le strade della vita tutti si dispersero.
Poi, il miracolo. Trascorsi quarant’anni, tutti più vicini al limitar di Dite, si ritrovarono nel loro vecchio e amato fortino: la palestra di Santa Maria della Verità, in via Oslavia. E fecero festa.
Un affollato e festoso torneo di vecchie glorie ove, pur in mezzo alla ruggine, agli acciacchi agli inevitabili cigolii portati dall’età, risfoderarono una grinta da leoni. E qualche gesto da campioni antichi.

Un ricordo commosso dei bimbi sperduti che – dalla vita, ingenerosamente e troppo presto, rapiti e abbandonati – da qualche remoto cielo ancora li sognano e li applaudono.
La scopertura di un’epigrafe. Nel luogo della tribuna che ancora riecheggia delle gesta del loro tifo, scoperta fra applausi e cori da figli e nipoti, essa testimonierà ai posteri una cosa. Una nuda verità. Ma con voce chiara e forte: che da questa notte ventosa, la storia dei Boys ’77 è ormai leggenda.

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