Lubriano. Banda del racconto, Teatro Null e Officina culturale della Regione Lazio “i Porti della Teverina” – in collaborazione con comune di Lubriano, museo Naturalistico di Lubriano, Civita Writers e Davide Ghaleb Editore – tutti insieme appassionatamente sulle tracce di Juan Rodolfo Wilcock.

Sabato 2 e domenica 3 giugno, doppio evento dedicato al lungo, appartato e creativo soggiorno dello scrittore italo-argentino, con affaccio sulla valle dei calanchi, nel borgo della Teverina: una narrazione da fermi intitolata “Il tempio etrusco e altre bagattelle iconoclaste” e una “Passeggiata Wilcock” rigorosamente itinerante…

Sabato 2 giugno, ore 21, museo Naturalistico di Lubriano. Antonello Ricci racconterà il più stralunato caustico divertente dei romanzi di Wilcock: “Il tempio etrusco” (1973) e altre “bagattelle iconoclaste” (dalle più belle pagine wilcockiane). Letture di Pietro Benedetti. Con la partecipazione straordinaria di Gianni Abbate. La performance si aprirà con la proiezione del cortometraggio di Emiliano Macchioni, “Case narranti – La strada di Wilcock” (riprese Roberto Piccini, durata 5’).

Domenica 3 giugno, ore 17, sarà la volta di “Passeggiata Wilcock – Lo scrittore, il paese, i calanchi: sulle tracce di certi luoghi comuni e fatti inquietanti”. Appuntamento davanti al museo Naturalistico. La passeggiata, guidata da Antonello Ricci e Mirko Pacioni, direttore del museo, si snoderà per le vie di Lubriano fino a giungere, oltrepassato il cimitero, in vista del podere del buen retiro wilcockiano (località Santa Caterina). Anche qui: letture di Pietro Benedetti, guest star Gianni Abbate.

L’iniziativa è realizzata con il contributo della Regione Lazio per la cultura, assessorato cultura e politiche giovanili. Costo del biglietto 5 euro (valido per entrambe le performance) – Info 347-1103270.

Erano gli anni ’70 quando, in un punto decisivo della sua parabola creativa-esistenziale, Juan Rodolfo Wilcock volle eleggere un paese dell’Alto Lazio, Lubriano, a proprio rifugio di vita. Non tentò mai di farsi accogliere-adottare dalla “tribù” locale: non a caso i pochi che in paese se ne ricordano ancora riferiscono, stringati e approssimativi, di un personaggio “appartato” se non proprio scontroso-antipatico.

In tutta la sua opera inoltre, davvero esigui risultano i riferimenti espliciti al borgo della Teverina e ai suoi calanchi. Un paio di cenni appena nel suo seducente-struggente, elegantissimo canzoniere d’amore (il paradigma geologico: le argille che incessanti franano testimoniando così l’arroganza della storia umana e certificandola per bagattella in bilico sul baratro del disfacimento e del caos; ma anche lo struggente nido d’amore per sé e il suo “Eliogabalo”). D’altronde Wilcock fu soprattutto scrittore morale e antropologico, poeta-drammaturgo di paesaggi assoluti fino a un grado grottesco-insostenibile di astrazione, di anamorfosi del reale. Un crogiuolo tra patafisica alla Jarry e barocco latinoamericano. Scrittore votato alla sarcastica decostruzione di “luoghi comuni” (il mito degli Etruschi, i localismi, le patetiche presunzioni di ogni Scienza concepita con la maiuscola).

Ma quando, dopo aver parcheggiato laggiù-laggiù in fondo all’accogliente paese, superi il cimitero, scarti sulla strada bianca a destra e t’inoltri, per quella dolce campagna, fin nei pressi del frugale casaletto (oggi in ristrutturazione) sito in località Santa Caterina n° 100… Ebbene, lo sguincio di quel giardino perduto, la luce del pomeriggio che irrora ovunque, il biancore dei calanchi che quasi ti abbaglia e la cartolina di Civita che si staglia controluce come un’isola meravigliosa di tufo periclitante sul mare delle crete… Allora ti rendi conto.

Che tra la scelta di vita e l’opera si profila un vincolo limpido quanto ineluttabile: l’orrido dei calanchi che si spalanca di fronte, alle spalle gli alberi pizzuti; in mezzo, sospesi tra la morte rituale e il caos, il casaletto e la sua “terrazza” panoramica come isole-scrivanie. E ti tornano in mente: l’eccentrico funerale-non-funerale di Giacomo (alias Wilcock) narrato in un vecchio romanzo da Elio Pecora amico dell’italo-argentino e testimone del bizzarro “fatto inquietante” (che già di suo meriterebbe gli onori di un romanzo postumo dell’italo-argentino); ma anche quei rimasugli di cantiere, le commoventi maioliche colorate del casaletto (sempre da Pecora rievocate) oggi intraviste-riconosciute come un’agnizione, teneramente frantumate-indifese sul retro del casale nel mucchio di sterro… Eccetera eccetera.

“L’avevamo promesso tempo fa, nei giorni della “Passeggiata Tecchi” a Serrona (Bagnoregio), evento ben organizzato dal bravo e ardente Emiliano Macchioni insieme coi suoi Civita Writers: l’avevamo giurato, prossima tappa, prossimo obiettivo, prossimo omaggio allo stupefacente paesaggio dei calanchi, l’appartato-dimesso buen retiro lubrianese del viaggiatore dell’immaginario Juan Rodolfo Wilcock”.

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