Ancora una volta. La terza, in attesa che sia il momento della quarta. L’inno di Mameli squarcia il silenzio dello stadio nazionale di Tokyo, e fa vibrare le sue note per Massimo Stano, oro olimpico dei 20 km di marcia. Il pugliese è raggiante, con la sua grande medaglia appesa al collo, gli occhi ancora inumiditi per l’emozione. “Adesso sì, che inizio a sentire il peso della medaglia, che inizio a realizzare – racconta alla stampa riunita intorno a lui – e voglio dire subito che sono strafelice per Antonella (Palmisano, ndr). Prima delle gare le avevo detto: sento che è la nostra Olimpiade. E gliel’ho ripetuto ieri, anche dopo il mio successo. Lei è il leader del nostro gruppo, io la chiamo “capo”. E se l’ho fatto io, doveva farlo anche lei”.

In Giappone si è parlato molto dell’inchino agli avversari immediatamente dopo il traguardo. Stano recita la sua dichiarazione d’amore. “Io amo il Giappone: mi piacciono le persone, i paesaggi, i manga, le anime, la scrittura, la lingua. In realtà mi hanno insegnato loro ciò che vuol dire rispetto degli avversari, e quindi mi sembrava il minimo inchinarmi alla fine della gara. È una cosa che ho sentito normale”. E poi, un cenno al suo mondo, quello della fatica, e alla grande causa dello sport tricolore. “Tra marciatori, anzi, tra noi faticatori, c’è unione. A noi non andava avere meno medaglie degli altri (ride, ndr)… Spero che tutto questo successo sia d’aiuto per l’atletica, che convinca i giovani a credere nello sport, che li porti ad inseguire i propri sogni. È la prima volta nella storia che facciamo così bene: questo è un grande anno non solo per l’atletica, ma per tutto il Paese. L’inno di Mameli? Mi fa impazzire, io quando lo sento mi alzo sempre, con la mano sul cuore, quindi sentirlo a causa, anzi, per merito mio, mi fa venire da piangere. Una sensazione indescrivibile, che auguro a tutti”.

Il futuro è dalla sua parte. “Ora devo staccare la spina. Ma poi, ho in mente nuovi obiettivi: ne devo parlare con il mio allenatore, ci ragioneremo insieme. Patrizio Parcesepe è il miglior tecnico del mondo, sa comprendere gli atleti, andare incontro a loro. Tutti hanno difetti, certo, ma se vinci due ori, qualcosa vorrà pur dire… Sono felice per la mia Puglia. Personalmente, dopo aver visto Dell’Aquila e Samele, mi sono detto che dovevo farcela anche io. E ci sono riuscito”.

Articolo precedenteBaseball, luci su Paternò-Ecopolis Grosseto nella sesta giornata della poule salvezza
Prossimo articoloAtletica, Tokio 2020, 4×100 nell’olimpo