Primo Nebiolo aveva intuizioni improvvise, di solito destinate a materializzarsi, a dimostrare l’efficacia che avevano assunto nella mente del demiurgo, dell’inventore. I giorni di Mosca offrirono un puzzle che un abile giocatore sapeva ricomporre con pochi tocchi: l’atletica azzurra usciva dai Giochi con un tris d’oro che doveva esser celebrato; l’Olimpiade mutilata dal boicottaggio dichiarato da Jimmy Carter per l’invasione sovietica dell’Afghanistan meritava di vivere un’appendice che, almeno in parte, facesse dimenticare le lacerazioni, le assenze, i duelli mancati.

Nebiolo, che di lì a meno di un anno avrebbe ereditato da Adriaan Paulen la presidenza della Iaaf per un regno che si sarebbe prolungato sino alla sua morte, diciotto anni dopo, poteva giocare su più tavoli. Uno che conosceva benissimo era stato costruito sul lungo rapporto che, da numero 1 dello sport mondiale universitario, aveva intrattenuto con i paesi del blocco socialista, europei e non solo. Gli ultimi abboccamenti con Leonid Khomenkov, al vertice dell’atletica sovietica, vicepresidente della Iaaf e dotato di una forte somiglianza con un altro Leonid (Breznev) fecero il resto. Solo la Ddr decise di poter fare a meno di una breve vacanza romana. E così concepimento, nascita e costruzione del Golden Gala risultarono eventi scanditi da una continua e crescente accelerazione. Non c’era solo un programma da allestire e un cast da arricchire, ma anche un’opera di promozione da realizzare in tempi sincopati, in una Roma calata nell’estate piena: molti in vacanza, scuole chiuse.

In questo senso il Golden Gala dell’anno Primo, il 5 agosto 1980, si risolse, più che in un successo, in un miracolo: l’Olimpico dal classico, affascinante e demolito formato, la struttura bassa e aperta che permetteva di ammirare i grandi pini a ombrello del Foro e di Monte Mario, vide il progressivo punteggiarsi di un pubblico che, come in una vecchia sigla di 90° minuto, cresceva attimo dopo attimo. La battaglia nei calcoli per difetto e per eccesso si chiuse all’insegna di una sostanziale parità: 60.000 o 65.000?

Il Golden Gala nato a rotta di collo, nell’Italia sbigottita e ferita della strage di Bologna (ricordata con un minuto di silenzio), finì per offrire quel che era negli auspici. Una ripresa dei contatti tra i due blocchi e una magnifica festa dell’atletica azzurra, aperta dall’esibizione di Maurizio Damilano, affiancato dal fratello Giorgio, proseguita da chi all’Olimpico fece meglio che al Lenin: un centimetro, 1,98, per Sara Simeoni che lasciò a profonda distanza un’affollata concorrenza; 18 centesimi per Pietro Mennea che, sbrogliata la matassa dei nervi, volò in 20.01 lasciando a quattro decimi Donald Quarrie e dando il via a un periodo di strabiliante grazia; 48 centesimi per Gabriella Dorio, per violare la barriera dei 4 minuti (3:59.82), finire a meno di un secondo da Tatyana Kazankina, lasciare a lunga distanza Mary Decker. Dopo la doppia finale moscovita, la prova di un secchissimo salto di categoria.

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